Lo scrittore Roberto Saviano dice la sua circa la morte di Salvatore Giordano, il quattordicennemorto dopo essere stato colpito, alla testa, da un cornicione crollato dalla facciata della Galleria Umberto di Napoli. Ecco le sue parole, attraverso cui afferma che è la città di Napoli ad essere colpevole di quella morte:
“Eppure c’è ancora chi è infastidito e, nonostante la tragedia, non accetta che si consideri Napoli responsabile della morte di Salvatore Giordano. Io non accetto invece questa perenne deresponsabilizzazione. Non accetto che la crisi giustifichi la mancanza di messa in sicurezza di intere aree, spesso affollatissime. Non accetto che i condomini che insistevano su quel tratto di via Toledo non si sentano distrutti per la responsabilità. Non accetto che l’amministrazione comunale risponda con fastidio a chi punta il dito accusandola. Non accetto che il coro sia stato “è successo anche a Firenze, a Roma, al Nord”.
“Faccio mie queste parole di Giuseppe Montesano perché sono semplici, ma dicono tutto: “Noi vogliamo e pretendiamo un’altra cosa, una cosa che a molti sembrerà banale, ma che ci sembra essenziale: noi vogliamo una città normale”.
Ieri avevo espresso praticamente la stessa opinione di Roberto Saviano, come potete voi stessi constatare, ma non mi ero spinto al punto di dare la responsabilità dell’accaduto a Napoli, dunque di riflesso ai suoi abitanti, e questo per un motivo molto semplice. I Napoletani sono ben coscienti dei problemi della propria città, sono i primi a rimetterci, sono i primi a denunciare: è grazie ai comuni cittadini molte volte, infatti, che si riesce a mettere una pezza dove gli organi preposti non arrivano. Sono i Napoletani che riempiono, come possono, le buche in strada, che spesso puliscono scalinate, aiuole e piazzette, che segnalano il degrado (senza essere ascoltati, la maggior parte dei casi), che cercano di abbellire la propria zona (si pensi ai maestri del presepe di San Gregorio Armeno, che furono costretti a installare alla buona le luci di Salerno, ricevute in cambio di presepi e pastori per uno speciale gemellaggio, perché il Comune non volle aiutarli), e così via.
Certo, i Napoletani non sono indubbiamente dei santi e tanti sono i nostri difetti, ma colpevolizzare una città intera mi sembra eccessivo. Nelle stesse parole di Saviano, tra l’altro, si possono individuare i maggiori indiziati: amministrazione comunale, condomini e coloro che operano tagli senza criterio, dopo aver sprecato soldi – i Napoletani, al massimo (e non è poco), sono colpevoli di non ribellarsi in maniera decisa e forte al mal governo, ma questo è un discorso diverso e più complesso. Infine, e qui Roberto Saviano conferma la sua lontananza dalla vita cittadina, dalla gente – non può essere altrimenti, dato che vive sotto scorta ed è costretto a frequentare parcheggi sotterranei, per incontrare qualcuno – bisogna dire che le persone non hanno affatto risposto che eventi simili si verificano pure altrove, anzi, sono molto arrabbiati e ammettono che Napoli sta cadendo a pezzi.
Si può dunque concludere dicendo, ancora una volta, che è semplice additare Napoli e dare giudizi sommari: la cosa difficile è comprendere la realtà, capire che colpevolizzare non porta da nessuna parte, se non si educa all’amore per la propria Terra, per la cultura, la Storia, per i concittadini – la denuncia, da sola, è sterile, non basta.