Corrono, imprecano, piangono, pregano… sono i Fujenti, i devoti alla S.S. Madonna dell’Arco.
Figura molto nota nel Napoletano, rappresentano la devozione forte e incontrollata verso la Madonna dolente, le cui sofferenze traspongono in quel rituale anomalo e per certi versi incomprensibile.
Antichissime sono le origini di questa forte devozione che si manifesta in tutta la sua unicità il lunedì in albis a “Madonna dell’Arco”, frazione del comune vesuviano di Sant’Anastasia.
Il termine “Fujente” deriverebbe con molta probabilità dal napoletano e significherebbe “coloro che corrono in atteggiamento di fuga” dal modo di procedere verso il Santuario; infatti nell’ultimo tratto del pellegrinaggio, il devoto deve correre verso il Santuario per espiare i propri peccati. Pellegrinaggi estenuanti, corse e coreografiche cadute rendono la festa unica nel suo genere. Ma quali sono le origini di questa figura? Cosa spinge gli uomini ad “umiliarsi” davanti alla Madonna?
Le origini dei Fujenti e della festività risalgono al lontano 1450, quando dopo una partita di Palla-maglio finita male, uno dei giocatori colpì l’immagine sacra facendola sanguinare. Per espiare questa grave colpa di cui si era macchiato, il giocatore intraprese una frenetica ed affannosa corsa fino allo spasimo; dando inizio così, inconsapevolmente, all’attuale tradizione. Ecco perché durante la celebrazione si assiste a folle di devoti che corrono convulsivamente verso il Santuario.
La tradizionale divisa dei Fujenti è composta da una camicia o maglietta bianca, simbolo di purezza, una fascia azzurra con l’immagine della Madonna Dell’Arco e una fascia rossa in vita che simboleggerebbe il miracolo del sangue. Nel corso degli ultimi anni però anche la divisa ha subito diversi cambiamenti. Spesso le Associazioni per contraddistinguersi utilizzano foulard di diversi colori, dove vi è scritto il nome stesso dell’associazione, posto affianco all’immagine sacra.
Anche la maglietta ha diverso colore in base alla sede, ma nella maggior parte dei casi, vengono utilizzate semplici magliette bianche. Su ogni maglietta è presente nel lato frontale l’Immagine della Vergine S.S. Dell’Arco con il nome e l’indirizzo dell’associa-zione.
I fujenti sono detti anche “Battenti” per il continuo battere i piedi a terra in modo ritmato e cadenzato.
Il pellegrinaggio però richiede una lunga preparazione che incomincia settimane prima del lunedì in albis, dove ci si prepara per la coreografica “caduta” ai piedi della Madonna. Festa religiosa, manifestazione di folklore popolare, fatto è che essa richiama fotografi, fedeli e semplici curiosi da tutto il mondo.
Si celebra in un clima di forte inquietudine e delirio “mistico-cultuale” chiamato “frenesis”, dove il devoto dinanzi all’immagine della Divinità ha un attacco di frenesia o “obnubilamento” (perdita tempora-nea delle capacità sensoriali e intellettive) unite alla forte emozione.
Questa “caduta” è il momento più forte e sentito per ogni fujente, che quando il capo paranza impartisce l’ordine con il fischietto, si lancia a terra e vi rimane immobile, fino a quando non riceve l’ordine di rialzarsi. Non è raro vedere Fujenti che dopo la caduta striscino la lingua per terra in segno di ringraziamento.
Finito il pellegrinaggio, giunge ai fedeli il battito ossessivo dei tamburi che accompagnano le “tammurriate” o danze ‘ncopp’ ‘o tammurro. Danze rituali che diventano liberazione e che perdurano fino a tardi, dissolvendo la forte tensione accumulata durante il pellegrinaggio.
E in rituali così teatrali e allo stesso tempo così pregni di intensissima religiosità, riemerge la figura di una Madonna Ferita; madre addolorata che diventa, tuttavia, simbolo di protezione dal male che affligge ogni giorno ciascuno di noi. Ed è in quella Madre che si identifica la “Mamma di tutte le mamme” colei che può guarire il dolore.
Sono gesti ancestrali ed antichissimi che ancora una volta ci riportano in un passato lontano di cui spesso dimentichiamo l’esistenza e l’importanza ma che viviamo inconsapevolmente nella nostra quotidianità.
Chi è devot’ ‘sta Maronn’e ll’Arc’
sorè tenitece ‘a fede
chill’è nu bellu nomme
sorè … ‘a Maronn’