La Torre dello Ziro e la segreta tragedia amorosa che custodisce
Mar 01, 2016 - Domenico Ascione
Torre dello Ziro
Ci sono luoghi altamente suggestivi sul nostro territorio, posti bellissimi che scorgiamo affacciandoci dai finestrini di un’auto, che vediamo da lontano chiedendoci cosa siano in realtà: strutture incredibili che, ignorate, conservano segreti e storie degne dei migliori racconti. La Torre dello Ziro è uno di questi luoghi: una costruzione medievale che possiamo ammirare nel tratto di strada che collega Amalfi ed Atrani, precisamente a Pontone.
Non si sa molto sul suo passato, ne su chi l’abbia costruita, ma la sua struttura, una torre munita di camminamento e bastioni, riporta ad un’origine angioina: probabilmente era una torre di guardia per prevenire incursioni dal mare. Le prime notizie su questa struttura risalgono al 1151, quando era ancora conosciuta come “Torre di San Felice”. Il nome cambiò in “Turrisi Cziri” nel 1292 per poi venire “italianizzato” in Torre dello Ziro. Nonostante l’alone di mistero, è certo che la struttura fu teatro di una tragedia, conclusione di una storia d’amore clandestina.
Conosciamo moltissime storie di principesse rinchiuse in torri, di donne che per amore trovarono fini ingiuste in tempi oscuri. Per noi sono racconti lontani, frutti di favole e leggende, ed ignoriamo che spesso la realtà più tangibile e vicina può superare simili storie. Giovanna d’Aragona, nata nel 1477, era la nipote del re di Napoli Ferrante I d’Aragona e figlia del Marchese di Gerace, avvelenato quando lei aveva solo un anno. A vent’anni andò in sposa ad Alfonso Todeschini Piccolomini, Duca d’Amalfi e nipote di Papa Pio III, ma il marito morì poco dopo, lasciando la sfortunata vedova a dover gestire terre e patrimonio.
Ad assisterla in un momento tanto difficile fu il suo maggiordomo, il patrizio napoletano Antonio Beccadelli, ma, presto, i due finirono per innamorarsi. Si sposarono clandestinamente, perchè per le leggi del lutto e delle convenzioni sociali Giovanna non avrebbe mai potuto sposarlo, e dal loro amore nacquero due figli. Tuttavia, il fratello di Giovanna, il cardinale Luigi d’Aragona, scoprì la tresca e decise di far cessare quella vergognosa storia nel sangue: rinchiuse la sorella nella Torre dello Ziro, insieme ai suoi figli, mentre fece raggiungere Antonio, che nel frattempo era fuggito a Milano, da alcuni sicari.
Per alcuni, Giovanna passò il resto della sua esistenza murata viva in quell’antica torre, che, di fatto, non ha porte, per altri, invece, fu raggiunta anche lei dai sicari di suo fratello ed uccisa insieme ai suoi bambini nel 1510, a soli 33 anni. Matteo Brandello, autore contemporaneo della vicenda, racconta in una sua Novella questo triste epilogo: “Questi giorni una figliuola d’Enrico di Ragona e sorella del cardinal Aragonese, morto il marito che era duca di Malfi, prese per marito il signor Antonio Bologna, nobile, vertuoso ed onestamente ricco, che era stato col re Federico di Ragona per maggiordomo. E perché parve che digradasse, le gridarono la crociata a dosso, e mai non cessarono fin che insieme col marito ed alcuni figliuoli l’ebbero crudelissimamente uccisa, cosa nel vero degna di grandissima pietà. Onde, non essendo ancora l’anno che il signor Antonio fu miseramente qui in Milano ammazzato”.