Il Pio Monte della Misericordia: scrigno di tesori tra i più belli di Napoli
Mar 13, 2016 - Domenico Ascione
Sette Opere della Misericordia, Napoli, Pio Monte della Misericordia
I Napoletani ed il Pio Monte della Misericordia. Ultimamente i partenopei hanno ottenuto una profonda vittoria per l’arte di Napoli impedendo al dipinto “Sette opere di Misericordia”, di Caravaggio, di venire trasferito temporaneamente a Roma: il presunto “furto” è stato evitando facendo valere una secolare postilla di inamovibilità che lega l’opera dell’artista milanese alla struttura del Pio Monte della Misericordia, dove è custodita ed esposta. Andiamo quindi a chiarire cos’è realmente questa struttura ed il legame profondo che ebbe con Caravaggio e la sua opera.
Pio Monte della Misericordia: assistenza e carità a Napoli
Siamo nel 1601, in piena Controriforma, un periodo buio della nostra storia in cui la Chiesa imperversava in tutta Europa facendo valere ed ostentando la sua ritrovata, quanto vacillante, supremazia culturale e sociale. Anche Napoli fu invasa da questa ondata di forzata religiosità, ma il suo popolo riuscì a trasformare quello che era un pugno di ferro in una carezza benevola per i più deboli.
Un gruppo di giovani nobili, infatti, decise di riunirsi ogni venerdì all’Ospedale degli Incurabili per organizzare, con propri mezzi, un programma di assistenza e carità verso i più deboli e poveri della città: insomma, quella che oggi chiameremo una Onlus di beneficenza. Il progetto divenne realtà con la fondazione dell’ente Pio Monte della Misericordia, un anno dopo, sfruttando come sede la Chiesa di Giovan Giacomo di Conforto, adiacente al Duomo di Napoli.
I giovani nobili si prodigarono in qualunque attività riuscisse a sostenere ed alleviare le pene dei napoletani indigenti, malati e disoccupati al punto che nel 1658 le attività svolte dal Pio Monte della Misericordia ebbero bisogno di uno spazio maggiore. Così furono acquistate molte strutture ed edifici limitrofi alla vecchia sede e l’architetto Francesco Antonio Picchiatti curò il progetto di trasformazione del sito. Dopo vent’anni il Pio Monte della Misericordia assunse la forma e la struttura che possiamo ammirare ancora oggi, nell’enorme palazzo che racchiude chiesa e quadreria. Ancora oggi l’ente si occupa di assistenzialismo e carità, gestendo strutture come ospedali, terme e scuole dedicate ai napoletani più poveri. Tuttavia, il vero tesoro della struttura è l’immenso patrimonio artistico che racchiude nella chiesa, dove sull’altare spiccano le “Sette opere di Misericordia” e, nella pinacoteca, un’immensa area dove vengono custoditi documenti storici dell’epoca e centinaia di dipinti, donati all’ente o acquistati, fra i quali spiccano opere di Luca Giordano e Francesco De Mura: l’intera collezione è una delle più importanti raccolte private d’Europa ed è visitabile da chiunque ne abbia interesse.
Veniamo finalmente al dipinto del Caravaggio, le “Sette opere di Misericordia”. L’opera influenzò radicalmente l’intera concezione artistica del Sud Italia ed è considerata uno dei lavori più importanti di Michelangelo Merisi di Caravaggio. Nell’enorme dipinto vengono raffigurate le sette opere di misericordia corporali canoniche: seppellire i morti, visitare i carcerati, saziare gli affamati, vestire gli ignudi, dissetare gli assetati, curare gli infermi e ospitare i pellegrini. In un periodo dove la Chiesa ostentava un potere temporale enorme, un’opera che inneggiava all’umiltà della più pura misericordia era una vera e propria rivoluzione: cardinali fasciati di ermellino venivano sostituiti da lavandaie e straccioni, saloni sfarzosi da un quadrivio napoletano buio, oro e gioielli dalla virtù spirituale della carità e tutto questo sotto la mano del più grande e discusso artista del ‘600.
Non era particolarmente incline a rispettare la legge ed infatti la vita di Caravaggio fu sempre segnata da piccoli e grandi problemi giudiziari, ma l’azione peggiore fu commessa nel 1606, a Roma: durante una lite per una partita a pallacorda, il pittore uccise l’avversario e, per tale crimine, fu condannato alla pena capitale. Fu costretto, quindi, a fuggire dalla città ed a far perdere le sue tracce. Ad aiutarlo in questa fuga fu il principe Filippo I Colonna che, dopo alcune mete nel Lazio, fece nascondere Caravaggio a Napoli, nei Quartieri Spagnoli, sotto la tutela di Luigi Carafa Colonna, parente di Filippo e membro della congregazione del Pio Monte della Misericordia. Per questo motivo fu commissionata proprio al Caravaggio l’opera più importante dell’intero complesso. Nella pinacoteca della struttura è ancora conservato il documento firmato dall’artista, datato 1607, in cui accettava l’incarico per 470 ducati. Si statuì anche che l’opera non avrebbe mai abbandonato la sua sede, sull’altare maggiore, e sarebbe rimasta per sempre lì, come segno indelebile della misericordia dei napoletani.