Perchè si mangia la zuppa di cozze nella sera del Giovedì Santo?

Zuppa di cozze del Giovedì Santo


Sacro e profano rappresentano le due facce conviventi di ogni cultura e spesso usi e tradizioni sono il prodotto di questi due ingredienti apparentemente contrapposti, ma in realtà, complementari nella storia dei popoli.

Ebbene, anche il nostro giovedì santo si festeggia, ogni anno, tramite l’unione di usanze religiose e abitudini che derivano, invece, da comportamenti umani più che divini.

La sera del giovedì santo rappresenta, simbolicamente, l’ultima cena di Gesù Cristo, consumata prima della “Passione” e celebrata in chiesa con la Messa in Cena Domini e il rito della lavanda dei piedi. 

Era consueto e per molti lo è ancora, fare lo struscio per recarsi in chiesa, ossia camminare per le strade della città, a di passeggiata, magari in compagnia degli amici o dei parenti, approfittando della piacevolezza delle prime serate primaverili.

Ma prima dello struscio non poteva mancare la Zuppa di Cozze, la quale è ancora un’abitudine culinaria radicata nelle case partenopee e in alcuni ristoranti della città, specializzati proprio nella preparazione di questo piatto.

Infatti a Napoli si può mangiare ogni giorno se si va a Porta Capuana, zona in cui ci sono ristorantini adatti a questo e grazie al mercato del pesce nei pressi di Porta Nolana (‘ncopp’ ‘e mura) e a quello del Borgo Sant’Antonio Abate.

Cozze, olio di peperoncino piccante, lumache, se si preferisce polpo (nella sua ricetta evoluta), con una base di freselle, olio, pomodoro e aglio.

Ma perchè si mangia questo piatto la sera del Giovedì Santo, proprio nella ricorrenza dell’ultima cena?

E’ proprio ora che il profano fa il suo ingresso nella tradizione. Storia popolare vuole che quest’usanza sia nata grazie a Ferdinando I di Borbone, il quale era molto goloso di pesce, soprattutto di quello che egli stesso pescava nei pressi della riva di Posillipo. Il sovrano, si faceva preparare, dalla cucina del Palazzo, un piatto a base di cozze pregiate, che egli stesso nominò Cozzeche dint’a Cannola.

Tuttavia, le abitudini alimentari di Ferdinando non andavano a genio al Frate Domenicano Gregorio Maria Rocco perché troppo peccaminose, così ammonì il regnante. Gli fece promettere che almeno per la Settimana Santa non avrebbe mangiato piatti sofisticati e avrebbe limitato i peccati di gola. Così Ferdinando, che non voleva rinunciare alle sue gustose cozze, trovò un escamotage per continuare a mangiarle: ordinò alla servitù di cucinarle in modo semplice, più umile e più vicino alle istanze della Settimana Pasquale.

Il piatto che venne fuori era composto da cozze, salsa di pomodoro e olio di peperone piccante.

Quando la notizia uscì dal palazzo e velocemente si estese al popolo, quest’ultimo tentò di simulare lo stesso piatto, sostituendo però le cozze pregiate del Sovrano con cozze di bassa qualità oppure con misere lumache di mare.

Da quel momento, a Napoli, la sera del Giovedì Santo si consuma la Zuppa di Cozze, con le diverse varianti che la ricetta, negli anni, ha avuto. Il piatto che prima era fatto da cozze e povertà, ora vede spesso anche altre pietanze all’interno, diventando, infatti, tal volta, un piatto abbastanza dispendioso.

Fatto sta che alcune forme cambiano, ma la sostanza della nostra storia è immutabile, come la bellezza delle tradizioni.


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