Ci sono parole, entrate ufficialmente nella lingua italiana, che usiamo quotidianamente senza conoscerne minimamente il significato. Uno di questi complicati termini è “Ambaradan”. Sia in lingua napoletana che in italiano questa parola sta ad indicare un’estrema confusione, un guazzabuglio, un disordine eccessivo: una camera disordinata può essere un “ambaradan” di vestiti, fra la folla può succedere un “ambaradan” o si può avere un “ambaradan” in testa se si è molto confusi.
Per quanto la parola sia particolarmente strana, quasi un’onomatopea per quanto innaturale, è riconosciuta da tutti i vocabolari italiani e dall’Accademia della Crusca come integrante della nostra lingua. È la stessa Accademia a spiegarne anche la particolare origine. In pochi sanno, infatti, che questo termine deriva da una delle pagine più oscure e cruente della storia italiana: la guerra in Abissinia voluta dal folle imperialismo fascista.
Amba Aradam è, infatti, il nome di un altopiano dell’Etiopia. Proprio su questo massiccio, nel 1936, le truppe italiane si scontrarono contro quelle abissine in una cruenta battaglia che vide la vittoria delle camicie nere. Un’assonanza importante che non lascia dubbi, ma cosa collega una battaglia feroce al disordine che oggi conosciamo come “ambaradan”?
Prima dello scontro i generali fascisti strinsero alleanze con alcune tribù locali. Nel pieno della battaglia, però, questi africani si schierarono contro gli italiani tornando a combattere per gli abissini: questo generò un caos estremo sul campo, nella mischia gli italiani iniziarono ad uccidere qualunque soldato dal colore della pelle diverso senza più considerare le alleanze. Persino, alcune tribù ritornarono ad aiutare gli italiani quando videro che questi ultimi stavano vincendo.
La battaglia fu vinta dalle camicie nere, anche se molti storici ritengono che furono gli alpini, maggiormente addestrati per gli scontri montani, a dare il colpo decisivo all’esercito abissino. Le truppe fasciste utilizzarono gas tossici vietati e seguì una strage fra i civili africani: 20.000 furono i morti fra gli etiopi, sia militari che civili innocenti. Una vera e propria strage compiuta in nome di un fantomatico Impero Italico.
La battaglia fu così confusionale e insensata, così cruenta e caotica, che molti militari tornati dal fronte iniziarono ad usarla come esempio di una situazione disordinata: “E’ come ad Amba Aradam” dicevano, o semplicemente “è un Amba Aradam”. Fatto sta che l’uso continuo ha italianizzato il nome dell’altopiano etiope, rendendolo l'”ambaradam” che conosciamo ed utilizziamo oggi.
Fonte: Enciclopedia Treccani; Accademia della Crusca