Il corteo delle croci in piazza Plebiscito per la morte del commercio: monta la rabbia a Napoli
Apr 07, 2021 - Ettore Scamarcia
C’è molta più rabbia delle settimane scorse tra i partecipanti alla protesta organizzata stamane da Confesercenti in piazza Plebiscito a Napoli, durante la quale sono state esposte quindici croci simboleggianti la disperazione del settore del commercio. Mercatali, parrucchieri, wedding planners, noleggiatori auto: il variegato mondo delle partite iva ha voluto nuovamente far sentire la sua voce contro le misure di contenimento attuate per la zona rossa, stremato da un anno di pandemia e dall’assenza di sostegni forti da parte del governo. E stavolta l’impressione è che le semplici promesse di riaperture non basteranno a calmare gli animi più intemperanti, soprattutto dopo le tensioni registrate ieri nelle principali città italiane, culminati con gli scontri a Roma davanti Montecitorio.
A scendere in piazza ci sono stavolta anche i ristoratori, senza dubbio tra i più colpiti dalla crisi pandemica. “Finora abbiamo avuto solo 1200 euro di ristori, una vergogna” – spiega Vincenzo Staiano, titolare della pizzeria ‘O zi’ Aniello’ di Lettere – “Io però non sto qui a chiedere altri ristori, sappiamo benissimo che non ci sono soldi per poter sostenere le nostre attività. Per questo quello che chiediamo è di poter riprendere a lavorare, così da risollevarci economicamente e psicologicamente. Io ho una ventina di dipendenti quasi tutti in cassa integrazione, stiamo subendo una mazzata economica terribile. E poi vorrei dire, stanno tutti aperti: poste, metro, trasporti. Solo noi come settore della ristorazione, nonostante la possibilità di garantire la necessaria sicurezza, continuiamo a subire chiusure. A questo punto direi che esiste un pregiudizio verso di noi”.
La rabbia più forte però arriva dai parrucchieri e dai barbieri, che avevano sperato in un allentamento delle restrizioni dopo le festività pasquali, e invece si sono ritrovati con altre due settimane di chiusura imposte dal ministro Speranza a causa dell’elevato numero dei contagi in Campania. Tra i manifestanti c’è chi propone di tenere i saloni aperti nei prossimi giorni come forma di protesta, altri invece che ne sottolineano l’inutilità, perché i clienti comunque non si presenterebbero, temendo di beccarsi una multa salata. C’è chi si dispera per i debiti accumulati, chi invece invoca un nuovo corteo a Roma, sulla falsariga di quello organizzato ieri dai ristoratori, per pretendere risposte dal governo Draghi. Quel che emerge è comunque la sofferenza di chi sta subendo un vero e proprio calvario economico.
“Noi siamo chiusi dal 6 marzo ormai” – afferma con sconforto Rosario Rachiglia, parrucchiere a Materdei da ben trentun anni – “Prima di quella data stavamo iniziando a riprenderci un poco, e invece improvvisamente ci hanno di nuovo chiuso, senza un euro di ristoro. Noi abbiamo da affrontare le utenze, i fitti, le spese familiari, come facciamo ad andare avanti così, con una situazione di zona rossa poi che non è assolutamente rigida come il lockdown dell’anno scorso. Dallo Stato non abbiamo mai avuto nulla, abbiamo sempre pagato puntualmente tutte le tasse, e stavolta in una situazione per noi così pesante non ci sta sostenendo in nessun modo. E comunque ripeto che noi ristori non ne vogliamo, ci interessa solo ricominciare a lavorare”.
Vincenzo Schiavo, presidente di Confesercenti Campania, prova a tirare le somme della protesta: “Abbiamo scritto a tutti i parlamentari campani affinché ci diano una mano per riuscire di nuovo a lavorare. Molti di noi non sanno come riaprire, quando sarà: siamo sommersi dai debiti e dalla disperazione. Per questo chiediamo un decreto legge che assicuri un credito per le imprese spalmato fino a 15 anni, e sostegni veri pari almeno al 30 per cento del fatturato perso, almeno in attesa della riapertura. Se non si procede in questo modo, c’è il rischio che molte imprese possano finire nelle mani della malavita”.