José Calzado de Bolaños, confessore di Carlo di Borbone: la fedeltà al re fino alla fine dei suoi giorni
Giu 26, 2021 - Mariangela Andreozzi
José Calzado de Bolaños, confessore di Carlo di Borbone, svolse un ruolo centrale nella vita del re, a cui era fortemente legato, contribuendo inoltre alla sua politica e al suo mecenatismo.
José Calzado de Bolaños, il fedele confessore di Carlo di Borbone
Il 4 ottobre del 1722, all’età di 6 anni, Carlo si accostò per la prima volta al sacramento della confessione. Fu egli stesso a scriverne, come era solito fare, ai suoi genitori, che gli risposero il giorno seguente, partecipando alla gioia per il passo appena compiuto nel suo personale percorso di perfezionamento spirituale.
Da allora, il sacramento della Riconciliazione e il dialogo continuo con il proprio confessore divennero per Carlo una pratica costante e regolare. Il suo confessore, il padre José Calzado de Bolaños, frate di un ramo riformato dei francescani spagnoli, nacque a Bolaños nella diocesi di Toledo nel 1680.
Il frate rimase sempre accanto al re, fino alla fine dei propri giorni, avvenuta nel marzo 1761. Si mise in viaggio con lui verso l’Italia, il 20 ottobre 1731, partendo da Siviglia con i componenti del suo seguito, quando Carlo, non ancora sedicenne, lasciò la Spagna per assumere il posto di duca di Parma e Piacenza.
Lo seguì anche nei suoi successivi spostamenti e spedizioni militari dal Nord al Sud dell’Italia. Quando Carlo, nel maggio del 1734, arrivò a Napoli come Generalísimo dell’esercito spagnolo e venne proclamato re di Napoli in seguito alla rinuncia di suo padre Filippo V, padre Bolaños era in una delle carrozze del corteo reale e sfilò per le strade della città, manifestando il trionfo della nuova dinastia appena insediatasi nell’antica capitale e festeggiando il ritorno all’autonomia dinastica.
L’importante contributo nella vita di Carlo di Borbone
Dalle fonti napoletane, in particolare, sappiamo che al suo arrivo nella capitale il confessore di Carlo fu retribuito con 600 ducati all’anno, quasi tutti a carico dei fondi della Casa reale. Padre Bolaños aveva numerosi incarichi, tra cui quello di lettore di teologia presso l’Università degli Studi di Napoli.
Il frate trovò modo di consolidare la propria posizione patrocinando a corte la carriera di altri confratelli e suoi congiunti, tra cui il nipote. Proprio a lui procurò un beneficio ecclesiastico, quando ormai era a Madrid insieme a tutta la corte reale, grazie alla mediazione di Carlo III e dell’Inquisitore generale Emmanuel Quintano. Bolaños poté inoltre, godere di vari benefici riservati ai cappellani reali, come l’esenzione dal versamento delle decime.
Negli anni napoletani, José de Bolaños si distinse anche per aver contribuito alla politica e al mecenatismo artistici del Borbone e in particolare per aver seguito l’esecuzione della statua della Immacolata Concezione dello scultore Joseph Canart, destinata all’omonima chiesa dell’Immacolatella.
Nell’ultimo periodo, padre Bolaños, sentendosi in precarie condizioni di salute anche a causa della oramai avanzata età, cominciò a farsi affiancare nel suo delicato compito da un altro giovane confessore, il padre Joaquín de Eleta, un francescano originario della città di Osma. Quando Carlo di Borbone lasciò il trono di Napoli per assurgere a quello di Madrid, padre Bolaños lo seguì ancora una volta.
Padre Bolaños: perché la sua figura non ha avuto successo
José Calzado de Bolaños fu vicinissimo al cuore del sovrano, ma nonostante ciò, le fonti napoletane al suo riguardo, sono alquanto scarse e la sua figura non ha riscosso molto successo. L’esiguità dello spazio riservato al confessore del re e la sua scarsa influenza politica, stridono in qualche modo col lungo servigio prestato dal Bolaños alla corte del Borbone e con l’intensa relazione di natura affettiva e spirituale che legò il re al suo confessore, che fece dire al Tanucci «ha il Re gran tenerezza pel suo confessore il quale è veramente una persona innocente».
Colpa del carattere riservato di padre Bolaños, riluttante e “impaurito” di fronte a certe responsabilità, come riferì lo stesso Tanucci, o delle resistenze incontrate sul suo cammino napoletano, a causa di ostilità a livello locale?
Bisogna dire che Napoli per oltre due secoli era stata sede di una splendida corte, dotata di un “apparato di palazzo” con un numero di addetti impressionante, utile a trasmettere l’idea della dignità regale e a rimediare all’immagine di “un Re assente”.
In quel periodo però la città partenopea si apprestava a diventare la capitale di un giovane e dinamico Regno indipendente e di una corte molto ammirata. Fu grazie anche alle manifestazioni di grandiosità e di fasto che la nuova dinastia riuscì ad accreditare il proprio prestigio a livello internazionale.
Ciò andava dunque a contrastare col carattere riservato del confessore. Però bisogna anche riflettere sul fatto che le sue origini spagnole, estranee a qualunque cerchia di potere locale, e gli enormi benefici di cui godeva potrebbero essere una ragione dell’isolamento del confessore dalla vita di corte.
Nonostante tutto, non si può non apprezzare il ruolo di José Calzado de Bolaños, che ha svolto sicuramente un ruolo fondamentale nella vita e nel cuore del grande Carlo di Borbone.
Fonti:
Corte e cerimoniale di Carlo di Borbone a Napoli, a cura di Anna Maria Rao. Napoli, Federico II University Press. FedOAPress, 2020.