Covid asintomatico, la grande scoperta a Napoli: individuati i geni che non fanno ammalare
Mag 09, 2022 - Redazione
Laboratorio di genetica del Ceinge: Vito Alessandro Lasorsa, Barbara Eleni Rosato, Umberto Esposito, Giuseppe D'Alterio, Roberta Russo, Achille Iolascon, Immacolata Andolfo, Mario Capasso, Ferdinando Bonfiglio
Napoli – Scoperti i geni che non fanno sviluppare la malattia Covid nonostante l’infezione da Sars-Cov-2 e fattori di rischio. La ricerca è stata condotta dai ricercatori del CEINGE di Napoli, i quali hanno analizzato i campioni di DNA di circa 800 individui che erano stati contagiati dal virus SARS-CoV-2, ma che non avevano sviluppato sintomi gravi pur avendo fattori di rischio come l’età avanzata. Sono state individuate mutazioni genetiche rare che indeboliscono i geni coinvolti nei processi di attivazione del sistema immunitario predispongono a forme asintomatiche del COVID-19. La scoperta è molto importante perché può condurre a nuove terapie.
Covid asintomatico: la scoperta del Ceinge di Napoli
Il gruppo diretto da Mario Capasso e Achille Iolascon, professori di genetica medica dell’Università degli Studi di Napoli Federico II e ricercatori del CEINGE, ha aggiunto un nuovo tassello al complesso puzzle della predisposizione genetica ai diversi fenotipi clinici del COVID-19 con uno studio pubblicato sulla prestigiosa rivista internazionale Genetics in Medicine*, (the official journal of the American College of Medical Genetics and Genomics-ACMG).
È noto che fattori di rischio come l’età, sesso e malattie pregresse hanno un ruolo rilevante nel determinare la gravità della malattia COVID-19 in soggetti infetti da SARS-CoV-2. Meno conosciuti sono, invece, i fattori genetici dell’uomo che possono contribuire a determinare le diverse forme della malattia COVID-19, a partire da quelle asintomatiche fino a quelle clinicamente gravi.
“Sono stati analizzati tutti i geni finora conosciuti utilizzando sequenziatori di ultima generazione e ottenendo così un enorme mole di dati genetici”, spiega Mario Capasso. “Strategie di analisi bioinformatiche avanzate, messe a punto grazie al contributo del giovane ricercatore Giuseppe D’Alterio e del team di esperti bioinformatici del CEINGE, hanno poi permesso di identificare mutazioni patogenetiche rare che erano significativamente più frequenti nei soggetti infetti e asintomatici e non in una grande casistica di circa 57000 soggetti sani”.
La ricerca si è avvalsa della collaborazione con Pellegrino Cerino (Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno) e Massimo Zollo (coordinatore della Task-Force COVID del CEINGE, professore di genetica dell’Università degli Studi di Napoli Federico II).
Tre geni MASP1, COLEC10 e COLEC11, appartenenti tutti e tre alla famiglia delle proteine della lectina e noti avere un ruolo di difesa contro le infezioni, erano colpiti da mutazioni genetiche che attenuavano la loro funzione. “Oggi è ampiamente dimostrato che l’eccessiva risposta immunitaria all’infezione da SARS-CoV-2 e la successiva iper-attivazione dei processi pro-infiammatori e pro-coagulativi sono la causa principale del danno agli organi come polmoni, cuore, rene ecc.…” chiarisce il professor Capasso. “La nostra ricerca dimostra che le mutazioni del genoma umano che attenuano questa eccessiva reazione immunitaria possono predisporre ad un’infezione senza sintomi gravi”.
Le opportunità terapeutiche
Una scoperta che potrà incidere sui futuri approcci diagnostici e terapeutici. “Abbiamo reso disponibili, in un database online, tutti i dati genetici ottenuti che altri studiosi potranno liberamente consultare per sviluppare nuove ricerche – fa sapere Achille Iolascon –. Possiamo utilizzare queste mutazioni per individuare soggetti che sono predisposti a sviluppare forme meno gravi o asintomatiche della malattia COVID-19. Inoltre i livelli sierici dei tre geni individuati potrebbero essere utilizzati come marcatori prognostici della malattia grave. Infine, oggi sappiamo qualcosa in più sulle basi biologiche di questa malattia e dunque abbiamo qualcosa su cui lavorare per sviluppare nuovi trattamenti farmacologici”.