Il fondatore di “Milano Segreta”: “Il turismo a Napoli fa schifo. Città stuprata, sfruttata, svilita”

Angelo Mazzone di Milano Segreta


È più di un semplice turista Angelo Mazzone, nato a Bari ma ideatore di Milano Segreta, nato come blog Facebook e poi divenuto un’organizzazione che organizza tour nel capoluogo lombardo. Angelo ha offerto uno spaccato della città di Napoli così come appare oggi in determinate zone: turistificata, alle prese con visitatori alla ricerca dell’esperienza folkloristica, che esclude sempre di più i napoletani per fare posto a locali e B&B.

Il fondatore di “Milano Segreta” parla del turismo a Napoli

Il suo è un ritratto che trova d’accordo – nel tono complessivo del suo discorso – in primis i partenopei stessi. È in particolar modo il centro antico a vivere uno snaturamento, tra strade e palazzi sempre meno popolati da napoletani che fanno spazio ad un turismo a cui vengono offerte spesso delle caricature. Di seguito le considerazioni di Angelo Mazzone:

“NAPOLI, TURISMO INSENSATO. Ho passato 6 giorni a Napoli, e mi sento di fare alcune considerazioni da lavoratore nel settore turismo. E lo dico senza peli sulla lingua. Il turismo a Napoli, fa schifo! È qualcosa di mortificante, sia per la città che per gli abitanti”.

“Il turismo napoletano è ridotto ad un parco giochi dove andare a caccia di qualche personaggio pittoresco da poter fotografare, di un video mentre si beve la famosa “limonata a cosce aperte” mentre il tizio urla, del cantante col mandolino che passa tra i tavoli parlando in dialetto, come in una sorta di zoo, dove i napoletani del centro storico mentre urlano o sfrecciano senza alcuna regola con motorini e auto tra stradine che dovrebbero essere pedonali, sono fenomeni da circo pittoresco da fotografare. Sorvolo sugli innumerevoli palazzi fatiscenti che dovrebbero essere un gioiello, dato Patrimonio Unesco, ma che a quanto pare è bello così, perché “pittoresco”… così si usa dire”.

La scarsa valorizzazione del bello

Io non ci vedo nulla di bello, il bello di Napoli è ben altro. Ho visto un turistificio dove tutti sono in coda, sì, ma nelle solite 4/5 mete più mainstream, pur di dire “ci sono stato, l’ho visto”, giusto per il Cristo Velato e nulla più. Le persone chiedono info su dov’è Sorbillo, il murales di Maradona, a Capodimonte, tra i luoghi più iconici per i capolavori ero solo, idem in altri musei come l’Archeologico Nazionale, il più bel tripudio di sculture mai visto in vita mia. Tutto si riduce a mangiare una pizza, un babbà e un paio di siti culturali. Il famoso bar Poppella col suo “fiocco di neve” aveva più coda del Monte di Pietà dal Caravaggio”.

Non vi è alcuna voglia di ricerca del bello, di uscire dagli schemi, di scoprire la vera essenza della città, che non è per nulla pizza, “limonata a cosce aperte” e Cristo Velato solo perché è il più famoso, ma tutt’altro… Sono stato per esempio tra i tanti luoghi alla Farmacia degli Incurabili, luogo storico assurdo! Ero da solo. La signora addirittura era stupita ci fosse un visitatore”.

“Nell’ultimo report delle associazioni delle agenzie di viaggio, il murales dedicato a Diego Armando Maradona ai Quartieri Spagnoli è stato il secondo sito d’interesse più visitato in Italia. Secondo le stime, sono stati oltre 6 milioni i visitatori arrivati fino al largo dedicato al Pibe de Oro, più di quelli entrati agli Scavi di Pompei o alla Galleria degli Uffizi di Firenze. Via dei Tribunali, un tempo sede di botteghe storiche, piccole librerie e artigiani, hanno lasciato spazio a centinaia di friggitorie, pizzerie e limonate varie in un vortice infernale”.

Una situazione comune a molte città

Interi quartieri ridotti ad una mangiatoia per turisti, con cibi e odori ovunque. La “foodificazione” di massa. L’ossessione per il cibo e le tradizioni culinarie ancor prima che un Caravaggio o un Bernini. Una città “fritta”, che è culla d’arte, e che non dovrebbe abbandonarsi a questo tipo di turismo. Ma questo tipo di turismo non è solo napoletano. A Lecce ho visto lo stesso turismo come a Roma. Sono i tempi che oramai sono brutti, poco interesse per l’arte e troppo per il cibo”.

“Forse, a Milano ancora ci salviamo perchè di base la cucina meneghina non è proprio famosa per lo street food nè lo prevede. Tempi sempre piu bui per arte/cultura in generale. L’odore di fritto si sente e si spiega anche con il fatto che diversi locali non hanno cappe a norma, addossati l’uno all’altro a centinaia per accogliere la richiesta ossessiva del cibo. Ho visto una città stuprata, sfruttata, svilita. E spero che le cose possano cambiare. Grazie”.


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