Pompei ce la invidia tutto il mondo e dal 9 dicembre fino al 5 aprile 2015, ben 300 reperti saranno esposti al National Museum of Korea di Seul per una straordinaria mostra intitolata Pompeii: Culture of the Ancient Roman City, dove si potranno ammirare meravigliosi resti provenienti in realtà dalle città di Ercolano, Oplontis, Boscoreale, Stabiae e infine Pompei.
Fondere quindi insieme Pompei con la cultura orientale è possibile secondo Massimo Osanna, professore e sovrintendente di Pompei, che si è occupato di traslare le ricchissime collezioni provenienti dalla magica città distrutta e sigillata dalla catastrofica eruzione del Vesuvio del 79 d.C., collezioni importantissime perché portatrici di testimonianze della vita quotidiana di Pompei; la mostra infatti offre un affascinante squarcio sull’atmosfera dell’antichissima città romana e illustra molto bene la vita nelle sue domus, il lusso, la religione, l’arte, l’erotismo, la medicina, la pesca, l’alimentazione e il commercio, attività principale di Pompei che negli ultimi tempi prima della sua scomparsa, era popolata principalmente da liberti, per via delle numerose scosse di terremoto che precedettero l’eruzione e che la resero pericolosa nella mentalità delle famiglie più aristocratiche.
Con orgoglio Seul esporrà reperti perfettamente conservati, dalle sculture dei giardini a porzioni di pareti affrescate, dagli utensili da cucina agli strumenti chirurgici, tanto simili a quelli adoperati oggi dai nostri medici; non mancheranno i calchi delle vittime dell’eruzione, fotografie istantanee incredibili della tragedia più famosa al mondo; a evocare la semplicità del quotidiano ci saranno in bella mostra pagnotte di pane ben conservate. Proseguendo nella mostra, i coreani potranno godersi come era concepita a Pompei l’organizzazione di una casa romana: affreschi parietali, splendide pitture e arredi domestici come per esempio la domus del Bracciale d’oro, così chiamata per via del bracciale ivi ritrovato; interessante sarà esplorare l’aspetto della religione ben illustrato grazie alle statuette bronzee, ma non mancherà una sezione dedicata prettamente alle oreficerie: argenti, ori, monili, gioielli e il celebre bracciale a forma di serpente in cui campeggia una dedica del dominus per la sua ancilla, forse un’amante o una schiava affrancata.
A seguire ci sarà poi un’altra sezione che punterà l’attenzione sull’attività che gravitava principalmente intorno a Pompei: il commercio ampiamente coniugato dalle bilance esposte, monete, pesi e anfore; le sepolture rinvenute recentemente a Pompei nel contempo illustrano quali erano le credenze e le usanze collegate al culto del regno dei morti: tombe, corredi funerari e piccoli oggetti che accompagnavano i defunti nel viaggio verso gli Inferi.
In realtà dopo Seul, questa mostra verrà trasferita nel Museo di Uslan, in un’altra città coreana, nel tentativo di avvicinare il popolo orientale a Pompei. Stando alle dichiarazioni rilasciate da Osanna nella conferenza stampa, per la Sovrintendenza è un grande orgoglio “esportare” la cultura di Pompei in questo senso, al fine di seguire la vocazione di valorizzare e diffondere il nostro Patrimonio artistico e archeologico in un ambito internazionale. Ma spontanea sorge una domanda: perché Pompei viene “impacchettata” arrivando sino in Corea e non sono i coreani a viaggiare per visitare Pompei, accrescendo i nostri flussi turistici? Forse se la Sovrintendenza riesce a compiere questa “missione oltreoceano”, potrebbe anche riuscire a risolvere i problemi che da sempre attanagliano Pompei?