Luigi Martusciello conosciuto da tutta la città di Santa Maria Capua Vetere come “Gigino giornaletto“. Non esiste sammaritano che almeno una volta non si è fermato alla postazione che occupa a Piazza Mazzini. Tra i libri che vende quotidianamente rappresenta un pezzo di storia cittadina. Con la sua competenza e simpatia ha conquistato i cuori dei suoi concittadini. Tra classico e contemporaneo, sotto al suo gazebo si trova di tutto per la soddisfazione di ogni gusto. Anche libri antichi e rari.
Ha quasi settant’anni, nasce nel cuore di Santa Maria Capua Vetere. Un sammaritano doc che apprende il mestiere dal papà: «Sono nato a via Torre, nel vico Scopa. Mio padre e mia mamma erano di Napoli. Scapparono in provincia di Caserta durante i bombardamenti dei tedeschi. Il mio papà a cui devo tutto, rilegava i libri. Poi cominciò a comprarli, tanti altri era la gente a portarglieli. Li aggiustava e li rivendeva. Ricordo – racconta – ancora a casa quando usava la colla sul fuoco. Ha proseguito poi io e tutto è cominciato qui con un carrettino. Io e mio padre eravamo gli unici a vendere i fumetti all’epoca».
«Nel 1974 misi un chioschetto, poi dopo un periodo di inattività ho riaperto grazie anche al parroco del Duomo, Don Antonio Pagano che mi incitò a proseguire nel mio lavoro. Dal 1984 ho aperto qui a Piazza Mazzini. Attualmente ho dei depositi, dei grossisti dove mi rifornisco ma anche da casa private. Alcuni vogliono disfarsi di libri e mi chiamano. Le case sono diverse, non ci sono più le biblioteche come una volta. Quando ne vedo una piena di libri mi emoziono. In questi ultimi anni si vendono soprattutto i thriller ma anche libri di autori di un certo livello come De Crescenzo, De Giovanni, Stephen King. Oggi la passione per la lettura è un po’ sfumata ma i sammaritani mi vogliono bene – sottolinea Gigino – e molti acquistano e ritornano. Capita che mi raccontano quello che hanno letto e imparo molte cose».
«A darmi questo soprannome sono stati i giocatori del Gladiator intorno al ’64-’65. Sono stato e sono un tifoso accanito della squadra. A quei tempi portavo al campo sportivo i fumetti e i giornali. E così loro cominciarono a chiamarmi “giornaletto”. Da allora tutti mi chiamano così».