L’arte napoletana del Seicento sarà in mostra in Francia, al Musée Fabre di Montpellier, fino all’11 Ottobre. La mostra, intitolata “L’âge d’or de la peinture à Naples. De Ribera à Giordano”, curata da Michel Hilaire e Nicola Spinosa e realizzata in collaborazione con l’Institut National d’Histoire de l’Art el’Institut du Patrimoine à Paris, è il culmine di venticinque anni di ricerche degli studiosi francesi sull’arte innovativa e unica che ha interessato Napoli nel 1600. Le ottantacinque opere protagoniste dell’esposizione provengono alcuni da collezioni pubbliche europee e nordamericane, mentre altri, venti per l’esattezza, da Napoli. Fulcro della mostra tre opere inedite del pittore irpino Luca Giordano che, per la prima volta, vengono esposte in un evento tanto maestoso.
Un omaggio enorme alla tradizione artistica della nostra terra, ma che lascia l’amaro in bocca. La mostra doveva essere allestita a Napoli, ma, per mancanza di fondi ed interesse, è trasmigrata oltralpe. Una realtà tristemente evidenziata dal Corriere del Mezzogiorno. Le istituzioni napoletane, infatti, non compaiono nell’organizzazione dell’evento, eccetto per la provenienza delle opere in prestito. Una sconfitta culturale che Gennaro Toscano, ex soprintendente dei beni artistici e storici di Napoli e ora direttore del Départiment des conservateurs dell’Institut national du patrimoine, commenta con amarezza: “Qui in Francia c’è un grande entusiasmo intorno all’evento, recensito da Le Figaro, Le Monde e Liberation, ma sono molto deluso dallo scarso interesse mostrato dagli italiani e dai napoletani in primis“.
Ben più aggressivo contro le istituzioni si dimostra Nicola Spinosa che accusa apertamente: “Ormai Napoli ha più successo fuori da Napoli. E questa è una delle mostre che non vedremo in città. Avevo proposto al Comune di ospitarla nei nostri musei, ma mi è stato risposto che non c’erano fondi sufficienti. Certo si trattava di un’operazione abbastanza onerosa. Questo, però, non mi pare un motivo sufficiente, visto che, per i festival della pizza, i fondi si riesce a trovarli. Meno costosa, poi, era l’esposizione veronese Arte e vino, per la quale ho ricevuto lo stesso diniego. Niente contro le margherite e le marinare, ma il turismo e l’industria culturale napoletani hanno bisogno di ben altro. Chi se ne occuperà? Il ‘mostro miracoloso’ ovvero il manager previsto dalla ‘controriforma’ di Franceschini? Perché affidare a chi non conosce nulla del nostro patrimonio le strategie per lo sviluppo di un settore così delicato? E i quarantenni che si sono formati alle nostre scuole sono completamente estromessi in una città che progressivamente rinuncia alla sua storia e alla sua identità”.
Come dargli torto? Napoli sembra effettivamente aver dimenticato di essere stata il fulcro dell’arte e della cultura dell’Italia e del mondo. I napoletani stessi si sono adagiati al pensare che la nostra sia solo la terra di pizza e mandolino, ignorando il tesoro che calpestano, la ricchezza che quotidianamente dimenticano di far fruttare. Basti pensare che negli stessi libri di storia dell’arte i nomi che hanno fatto grande la città, gli artisti che hanno portato innovazione e lustro al panorama artistico mondiale nemmeno vengono citati: per trovare il nome di un Luca Giordano o di un Francesco Solimena bisogna cercare in vecchi volumi o in piccoli manuali specifici. Insomma, le scuole nazionali, i media e le Amministrazioni sembrano fare di tutto per cancellare la storia e l’arte di Napoli e i napoletani, dal canto loro, guardano dall’altra parte lasciando che il mondo rubi in tranquillità l’anima della città.