Napoli, teatro dello scandaloso amore gay tra Oscar Wilde e Bosie

Napoli, magnifica città dallo splendido scenario, è considerata una delle città più romantiche al mondo. Spettatrice di tanti amori nati all’ombra del Vesuvio, fu cornice anche della tormentata storia d’amore tra lo scrittore irlandese Oscar Wilde e Lord Alfred Douglas, soprannominato “Bosie“.

Reduce da due anni di carcere a causa della sua omosessualità, lo scrittore nato a Dublino nel 1854, decise di venire in Italia per vivere il resto della sua vita nel Bel Paese, invece avrebbe finito per passare gli ultimi anni a Parigi dove morì nel 1900. I due amanti arrivarono a Napoli il 20 settembre del 1897, per trascorrere l’inverno nella città partenopea e si installarono sulla collina di Posillipo, nella Villa Giudice. Ma l’ipocrisia della società civile lo raggiungerà anche lì, sotto il pergolato di una trattoria di Santa Lucia, dove sedeva spesso insieme al suo amato Bosie, sotto lo sguardo attento e critico di una Napoli che li accusava di amare in modo errato.

Lo amo, e l’ho sempre amato. Mi ha rovinato la vita, e per questa stessa ragione sembro costretto ad amarlo di più (…). E lui mi ama molto teneramente, più di quanto mi possa amare chiunque altro, e senza di lui la mia vita era squallida“. Così scriveva in una lettera del 23 settembre 1897, indirizzata ad un suo amico che ben sapeva dell’influenza negativa di Bosie sullo scrittore.

Nonostante Wilde viaggiasse sotto lo pseudonimo di Sebastian Melmoth, il suo arrivo a Napoli divenne oggetto di pettegolezzi, al punto che il 7 ottobre Matilde Serao (1856-1927) ne scriveva sul quotidiano “Il Mattino”. Lo additava come “flagello” e “calamità”: “è nascosto tra noi quell’infelice, reso celebre nel mondo per gli immondi errori” e stendeva un elogio ai giudici britannici “per la loro severità in fatto d’infligger pene agli odiosamente pervertiti“.

Curiosi e giornalisti si appostavano fuori alla Villa di Posillipo, dove risiedevano, in cerca di qualche scoop, mentre i pettegolezzi si trasformarono ben presto in scandali, come quello del 15 ottobre 1897, quando i due amanti si recarono a Capri per una gita. La coppia alloggiava all’Hotel Quisisana e per strada incontrarono lo scrittore svedese Axel Munthe (1867-1949), il quale decise di ospitare Douglas nella sua Villa San Michele per qualche giorno, mentre Wilde tornò a Napoli.

Animo irrequieto e controcorrente, stupore e scandalo dell’Inghilterra vittoriana, come un vagabondo dannato in cerca di tranquillità, Wilde sperava di riacquistarla a Napoli, al fianco di Lord Alfred Douglas. Croce e delizia, amore e rovina, Wilde lo conobbe nel 1891, stravolgendogli la vita. Il padre di Bosie, William Sholto Douglas, marchese di Queensberry, gli fece una guerra spietata scagliandogli contro la macchina infernale del perbenismo vittoriano. Wilde passò dall’esser poeta, drammaturgo e romanziere di fama mondiale ad esser l’emblema dell’omosessualità e degli atti osceni.

A Napoli completò i versi della Ballata del carcere di Reading, cercò di far tradurre in italiano la sua Salomè da Giuseppe Garibaldi Rocco, pensando di metterla in scena con l’impresario Cesare Rossi ed interpretata da Eleonora Duse. A Posillipo, Oscar Wilde diventò più speranzoso, guardava al futuro: “Sento ritornare tutti i miei poteri“, probabilmente grazie alla vicinanza del suo Bosie. Ma il bisogno di denaro per i due amanti diventò motivo di liti fino all’abbandono di Bosie, impaurito dalla minaccia della famiglia di diseredarlo, così Wilde restò a Napoli da solo, costretto a trasferirsi da Villa del Giudice in un piccolo appartamento di Palazzo Bambino, in via Santa Lucia, nei pressi di quella trattoria, teatro delle loro giornate spensierate, dove nella foto Bosie gli tiene la spalla, col sorriso di chi forse sta già pensando di andarsene di nuovo, per essere ancora una volta passione e tragedia.

 

Fonti:

Masolino D’Amico (a cura di), Vita di Oscar Wilde attraverso le lettere, Einaudi, Torino 1977 e 1998, p. 445; Oscar Wilde, “Aforismi“, Newton Compton Editori, 2007; La Repubblica.it.