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‘O Vaccariello ‘e San Giuvanne: perché si chiama così?

Intorno ai primi di giugno è solito scorgere, verso l’ora del tramonto, alcuni insetti volanti, i quali non risultano essere molto amati dalle persone, generalmente. Hanno un aspetto poco piacevole e il loro modo di volare è al quanto goffo: quest’insetto, in Campania, viene chiamato “‘0 vaccariello ‘e San Giuvanne” oppure ‘O purciello ‘e San Giuvanne”. Si tratta di un coleottero appartenente alla famiglia degli scarabei.

Perché vengono chiamati Vaccarielli ‘e San Giuvanne? Vengono chiamati con questo epiteto dialettale poiché, di solito, intorno al 24 giungo, giorno in cui si festeggia San Giovanni, essi tendono a sparire. È dagli inizi del mese fino a questa data che sono visibili. In effetti noi assistiamo solo alla fine del loro ciclo vitale, poiché  i primi 3 o 4 anni di vita li passano sotto terra con l’aspetto di larve. Una volta diventati adulti ed edificato il corpo finale  escono dalle tane per l’accoppiamento. L’unico obiettivo, infatti, resta l’accoppiamento per il mantenimento della specie, pertanto non si dedicano neanche più al nutrimento. Quando li vediamo ronzare goffamente, urtando tra un ostacolo e l’altro, stanno effettuando una sorta di danza di accoppiamento.

Risultano essere insetti assolutamente innocui, anche se esteticamente bizzarri, per cui il timore che nutriamo verso di essi è al quanto immotivato. Si tratta del consueto rigetto per gli insetti, ma, senza dubbio, il pericolo per gli esseri umani è nullo al loro contatto.

Sotto, riportiamo un pezzo di Antonio Cimmino, pubblicato su liberoricercatore.it:

“Nel mese di giugno specialmente in corrispondenza delle festività di San Giovanni Battista, compaiono dei coleotteri di color marrone comunemente chiamati “vaccarielli o purcielli”. Ai miei tempi i ragazzi cercavano di acchiapparli cantando la seguente canzoncina: “Scinne purciello ‘e San Giuvanne, è arrivato ‘o cusutore t’ha purtato ‘nu cazone, ‘nu cazune e ‘na vunnella scenni purciello mio bello”. Quando (molto facilmente) si prendevano questi animaletti, si legava un filo di cotone al corno che stava sulla testa del maschio e lo si liberava. Si otteneva, così, un aquilone animato.”

L’abitudine di giocare con questi insetti, in passato, quando il contatto con la natura e con le sue creature era più intenso, anche nelle città, apparteneva a molti bambini, indistintamente dalla zona geografica.

E quando, nell’ultima parte, si fa riferimento al “corno che stava sulla testa del maschio”, si indica una caratteristica dello scarabeo rinoceronte (Oryctes nasicornis), chiamato così proprio per la similitudine al mammifero che porta il corno sul capo. In alcune zone anche quest’ultimo è chiamato Vaccariello ‘e San Giuvanne.