È profondamente grottesco e sintomatico della realtà distorta della camorra il racconto che segue, nel quale si evince che secondo la mentalità della criminalità organizzata lavorare è una vergogna, una figuraccia da evitare come gli appestati.
Secondo le intercettazioni di un colloquio riportate da Internapoli, intercorso tra Ciro Perrella e sua moglie, Rosaria Scarallo, costei ha minacciato il marito di togliersi la vita nel caso in cui egli avesse cominciato a lavorare per guadagnare qualche centinaio di euro al mese, utili ad affrontare qualche spesa come il costo delle sigarette.
Perrella, 33 anni, elemento di spicco del clan D’Amico, operava nel quartiere Conocal di Ponticelli e fu arrestato nel 2011 per estorsione; nel 2004 fu processato per uno scippo insieme a Ivan Maietta, ucciso lo scorso maggio al Rione Traiano. La moglie è stata invece tratta in arresto nell’ambito della recente operazione Delenda, che ha ripulito il rione da quasi 90 camorristi. L’anno scorso il surreale dialogo tra i due:
“Fino ad ora ce l’ho sempre fatta perché stiamo a due nella stanza. Dobbiamo spendere 160 euro, sono 80 ciascuno. Ora sono solo io perché Paperino non li tiene… hai capito com’è? E la stecca di sigarette, due tabacchi a lui ed è saltato il primo 50 euro. Rosaria è malamente se mi fanno lavorare con il problema che tengo?”.
Rosaria Scarallo però reagisce con rabbia e non vuole conoscere ragioni:
“Tu non lavori. Sull’anima di mio fratello, ci uccidiamo… perché ‘sto sfizio alla gente io non ce lo do…”.
Il marito le risponde per convincerla, “Ma sei scema? Mica è una figura di merda!”, tuttavia la donna è inflessibile: “Non ci intossichiamo adesso. Poi lo facciamo quando scendi a lavorare, ora mi scoccio già da adesso. Tu non devi lavorare”.