Bandiere borboniche al San Paolo: il Parlamento spiega i motivi del sequestro
Lug 29, 2016 - Francesco Pipitone
Tutti ricorderete, per la vasta eco che ha avuto la questione, il sequestro delle sciarpe e bandiere con il vessillo del Regno delle Due Sicilie avvenuto il 31 gennaio 2016 a Napoli, all’esterno dello stadio San Paolo. Nel capoluogo partenopeo si è molto discusso di questa circostanza, così come in vaste zone del Mezzogiorno, poiché si è verificato un fatto mai visto prima e che andava a colpire direttamente l’identità culturale del Sud Italia. Lo stemma borbonico è, infatti, prima di tutto un simbolo identitario, non in contrasto con i valori della Repubblica Italiana.
Lo stesso fatto avvenne il 5 novembre 2015, in occasione di una partita di Europa League del Napoli, in merito alla quale si è verificata un’interrogazione parlamentare da parte del senatore Pepe che intendeva conoscere quali siano state le motivazioni alla base del sequestro, che sarebbe stato operato da personale della Polizia di Stato in un contesto che vede impunite, negli stadi di tutta Italia, le esposizioni di simboli e striscioni e la diffusione di cori con contenuti razzisti e intolleranti.
La risposta è arrivata dal sottosegretario di Stato per l’Interno, dottor Domenico Manzione, secondo cui:
“non è stato eseguito alcun sequestro di sciarpe o di bandiere recanti lo stemma delle Due Sicilie. Inoltre non si ha riscontro, dalle notizie acquisite, né dell’adozione di provvedimenti di divieto di accesso alle manifestazioni sportive, il cosiddetto DASPO, né dell’esecuzione di arresti nei confronti di coloro che si rifiutavano di consegnare i vessilli in questione”.
Manzione prosegue affermando che compito dell’amministrazione è quello di garantire l’assenza di ideologie negli stadi, le quali possono turbare il sereno svolgimento dell’evento sportivo. Sin dal 2007 si fa divieto, infatti, di introdurre negli stadi stemmi e vessilli che non rappresentino esclusivamente le squadre e gli Stati rappresentati in campo. L’introduzione negli impianti di simboli non pertinenti all’evento in programma è subordinata all’autorizzazione del Gruppo operativo di sicurezza, appositamente costituito dall’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive. Poi continua:
“In ordine all’asserita impunità di cui godrebbero, negli stadi italiani, gli autori di gesti o messaggi d’intolleranza o dal contenuto razzista, assicuro ovviamente che l’Amministrazione dell’interno è fortemente impegnata anche su questo aspetto. Il citato Osservatorio, attraverso numerose determinazioni, ha fornito indicazioni finalizzate a far rispettare il divieto di esternare qualsiasi forma di discriminazione razziale, etnica o religiosa o di intolleranza attraverso la diffusione di cori o l’esposizione di scritte all’interno degli impianti sportivi e nell’area esterna ad essi riservata.”
Secondo Manzione, perciò, il 5 novembre 2015 non si è verificato nessun sequestro, ma se pure fosse avvenuto sarebbe stato legittimo. Ne deduciamo per analogia, allora, che si possa ritenere legittimo il sequestro del 31 gennaio 2016, documentato da foto e video pubblicati sui social networks e sui giornali, in occasione di una partita di Serie A.
L’osservatore attento rileverà, senz’altro, una serie di quelli che sembrano null’altro che slogan, visto che nonostante l’asserito impegno preciso e costante negli stadi italiani vengono non solo introdotti vessilli e simboli che nulla c’entrano con l’evento sportivo, ma altresì vengono intonati cori ed esposte scritte di discriminazione nei confronti di precise categorie di persone, quali il popolo napoletano, le persone di colore, i nomadi, “puniti” con sanzioni molto leggere e spesso assolutamente ridicole, ammesso che siano effettivamente puniti.
Il sottosegretario non ha poi ben fatto capire in che modo un simbolo culturale possa turbare il sereno svolgimento di una partita di calcio, essendosi posto esclusivamente – a nostro avviso – come un mero e cieco attuatore di una disposizione di legge, una sorta di automa. Dura lex, sed lex: è la legge cieca e ineffabile lo strumento in mano al Potere per vietare o permettere solo secondo la propria discrezione, la propria volontà. È il Leviatano che afferma la sua impareggiabile potenza.
È curioso constatare come entrino negli impianti sportivi simboli riconducibili a forze politiche che fanno della discriminazione la loro battaglia, mentre ricorderete, per esempio, la bomba carta partita dal settore ospiti durante Torino-Juventus del 26 aprile 2015, quando l’ordigno lanciato dai tifosi bianconeri ferì nove supporters granata, di cui uno gravemente: la punizione fu una giornata di chiusura della curva della Juventus, un provvedimento ridicolo nonostante 9 persone abbiano rischiato gravi danni fisici. È la legge che lo permette: dura lex, sed lex.