Napoli, la nuova camorra contro i vecchi boss: “Teniamo 1800 botte. Così li affondiamo”
Ago 12, 2016 - Francesco Pipitone
Napoli – Se da un lato le forze dell’ordine, la magistratura e l’antimafia svolgono bene il proprio dovere, smantellando clan e mettendo dietro le sbarre centinaia di affiliati alla criminalità organizzata, dall’altro manca ancora un sistema efficace ed in grado di prevenire le azioni malavitose e il formarsi di nuove cosche che, in lotta tra di esse per colmare il vuoto di potere, non possono che farsi la guerra. E lo fanno sparando per strada, in pieno giorno, senza minimamente curarsi di nulla: è nella loro mentalità agire così, è nella loro normalità.
La guerra sembra essere il principale pensiero dei boss emergenti anche nel Rione Traiano, nel quartiere Soccavo, nella periferia occidentale della città di Napoli. Ecco alcuni stralci di intercettazioni:
«Non hanno posti dove fuggire, hanno giocato sporco e hanno fatto troppi errori… Non hanno un posto dove fuggire, quando arriviamo noi, che siamo cinquanta motociclette, hai capito che abbiamo 1800 botte? Dove le vuoi buttare».
La Dda starebbe indagando su una faida interna al clan Puccinelli, storicamente egemone al Rione Traiano ma in crisi, un po’ come tutti i vecchi clan. A scatenare la guerra interna sono elementi girati, cioè camorristi che hanno deciso di lasciare la famiglia per mettersi in proprio o affiliarsi a un nuovo boss. Il tutto sarebbe giustificato dai vizi e dall’egoismo dei vecchi boss:
«Loro sono ricchi e vivono nello sfarzo, grazie al lavoro sporco nella gestione delle piazze che viene condotto dai giovani»
E poi:
«Ma noi così li affondiamo, perché noi non teniamo vizi, è la cosa bella nostra, nel senso che il divertimento ce lo vogliamo prendere tutti quanti insieme, invece quello no, se tiene cinquemila euro in mano se li deve spendere tutti quanti lui, invece a noi le cose non piacciono in questo modo. No: noi ci prendiamo 2000 euro e ce li andiamo a spendere tutti quanti noi, ci divertiamo tutti, gli altri tremila li conserviamo, e ti faccio vedere che tra un anno abbiamo le case di Scarface, mentre gli altri avranno le case con gli scarafaggi veri»
I girati non sanno di essere intercettati, così parlano come un fiume in piena, tanto che gli investigatori hanno potuto sentire quanto detto da un uomo che, secondo loro, sarebbe una figura emergente della nuova camorra:
«Non sono franco di cerimonie, una volta che ci sediamo sulla tavola, io non sono più il ragazzo del Nano (Francesco Petrone)… è un nemico per me! Poi non devo aspettare l’ok da nessuno, sono capo e non sono coda, bum bum, lo uccido stesso a casa sua, tanto quando dobbiamo andare a parlare, prendiamo solo l’artiglieria pesante, e appena sentite le botte noi da sopra, incominciate pure voi da sotto».
«Non gli faccio mettere una scopa, per otto anni ho solo ascoltato e osservato non ho mai detto A e non ho mai potuto dire A, non mi hanno mai dato aggio di esprimere un’opinione, ma quando mi siedo a tavola, che li tengo contro e sono capo e non sono coda, che posso parlare e non ci sta nessuno che mette la mano davanti al muso, perché pure se c’è qualcuno che me la vuole mettere, gliela levo, perché qua si parla della vita mia, non si parla della vita di nessun altro».