Domenico Cotugno, destino da medico: a Napoli non si poteva morire senza il suo permesso
Set 04, 2016 - Federica Barbi
A Napoli si diceva che nessuno potesse morire senza il suo permesso! Di chi parliamo? Di Domenico Cotugno, uno dei principali fondatori della medicina moderna. Nacque a Ruvo di Puglia (BA) nel 1736, da una modesta famiglia di contadini, ma all’età di 16 anni si trasferì a Napoli, che divenne ben presto la sua città “adottiva”.
Domenico era stato avviato agli studi umanistici e filosofici, ma subito si rese conto che le parole e i ragionamenti a poco gli servivano se non portavano a dei risultati concreti. Per questo, in terra partenopea, iniziò a coltivare le sue passioni più grandi: la scienza e la medicina. Ben presto il suo talento divenne una promessa di successo, visto che a soli 18 anni divenne assistente e poi medico dell’Ospedale degli Incurabili, sua più grande palestra di vita. Qui sostituì il titolare di chirurgia e, dopo la laurea conseguita presso la Scuola medica salernitana, tentò la carriera universitaria presso l’Ateneo di Napoli, dove, nel 1758, fu associato alla cattedra di notomia (anatomia descrittiva e patologica), della quale più tardi, appena trentenne, nel 1766, ottenne la titolarità.
I viaggi lo portarono spesso in giro per l’Italia e per il mondo, e l’apice del suo girovagare lo ottenne quando a Vienna fece parte del seguito reale a causa dell’improvvisa malattia di Giuseppe Vairo, medico di camera e suo amico. La notizia ebbe una risonanza molto forte a Napoli, e non fu un caso, probabilmente, che dopo abbia sposato Ippolita Ruffo, vedova del duca Francesco di Bagnara, appartenente a una delle più antiche e illustri famiglie napoletane.
Durante i suoi viaggi Cotugno ha spesso manifestato interesse anche per ospedali, musei e biblioteche, e uno dei suoi obiettivi era quello di portare Napoli al livello delle altre grandi città europee, ma i suoi progetti si arenarono dopo la Rivoluzione del 1799 per la mancanza di un vero e proprio piano di riforma dello Stato.
In campo medico, molti furono i suoi successi: diede inizio a misure profilattiche contro la tubercolosi, fu Decano della facoltà di medicina, rettore della medesima università partenopea, proto-medico generale del Regno delle Due Sicilie. I suoi studi, inoltre, produssero molti risultati, soprattutto nel campo della neurologia e dell’anatomia sottile.
Da insegnante consigliava ai suoi allievi di indagare personalmente la natura, di liberarsi dall’assoggettamento nei confronti dei loro professori e di osservare tutto ciò che avevano intorno: “Ecco qual debba essere il vostro studio, la vostra applicazione, la vostra industria; non istancarvi mai di vederla, di conoscerla, d’ascoltarla. Le sue voci son mute, ma efficaci. Chi si familiarizza seco lei, diviene sacerdote suo vero”. Gli studenti, secondo Cotugno, dovevano entrare negli ospedali, nei laboratori, studiare i fenomeni attraverso la loro rappresentazione nella realtà, solo così sarebbero riusciti a dare il loro apporto alla scienza.
Apporto che lui, un ragazzo nato nella povertà e nell’assenza di cultura, è riuscito ad alimentare continuamente nel corso della vita, facendo da subito (e sempre) leva sulla volontà e la determinazione.
Come diceva De André “dai diamanti non nasce nulla, dal letame nascono i fiori”. Non esiste un “troppo poco” per realizzare qualcosa di veramente grande.
Fonti: wikipedia.it; ilportaledelsud.org.