È morto lo scrittore Ermanno Rea. Disse che il problema di Napoli è l’Italia
Set 13, 2016 - Redazione
Si è spento a Roma, all’età di 89 anni, il giornalista e scrittore Ermanno Rea, nato a Napoli il 28 luglio 1927.
Nonostante abbia vissuto per un lungo periodo della propria vita tra Milano e Roma, Ermanno Rea è stato sempre molto attaccato alla città dove è venuto alla luce. È stato vincitore del premio Viareggio nel ’96 con il romanzo autobiografico Mistero napoletano, del Campiello nel ’99 con Fuochi fiammanti a un’hora di notte e finalista al premio Strega nel 2008 con Napoli Ferrovia. Recentemente era tornato a Napoli per occuparsi della questione Ilva di Bagnoli.
Molto interessante, inoltre, è il racconto che il giornale NapoliToday fa dell’intellettuale in merito al tema del rapporto tra la città di Napoli ed i suoi problemi e l’Unità d’Italia. Come sappiamo, infatti, negli ultimi anni grazie a una terminata necessità di apologia del Risorgimento Italiano si sta guardando quel periodo storico con un occhio più critico, e sono parecchi i personaggi che stanno sfatando il mito di un Sud, con la sua capitale ormai decaduta, oppresso dalla tirannia borbonica e liberato da Cavour e Vittorio Emanuele II. Tra costoro possiamo rammentare, per esempio, Erri De Luca e Paolo Mieli, ma sono tanti nella loro scia, tanto più che fu lo stesso Giuseppe Garibaldi a pentirsi di aver consegnato il Mezzogiorno ai Savoia.
In un’intervista rilasciata nel 2012 a Roberto Anselmi ed Emiliano Dario Esposito per Tempo Presente, dialogando sui problemi che impediscono a Napoli di realizzare a pieno la propria natura di metropoli europea in grado di generare lavoro e ricchezza, affermò:
E il nocciolo di questi problemi era l’unità d’Italia, anzi il fatto che l’Italia non si fosse davvero mai unificata. Napoli si presenta, oggi, piena di problemi. Ma a ben vedere un secolo e mezzo fa non era così, era piena di risorse e con un’importante struttura produttiva. L’unità d’Italia poi si svolse parallelamente su due binari: lo sviluppo industriale al Nord e l’espatrio dal Sud. Un’emigrazione di manodopera e di intelligenze.
L’unità d’Italia non si è realizzata nei fatti e questo era già evidente nel processo risorgimentale, un evento elitario in cui le masse contadine del Sud non furono mai coinvolte. Si tratta, nel caso dell’Italia, di una frattura che a me pare insanabile. Dirò di più. Forse, ad un certo punto, sarebbe giusto il Mezzogiorno ed in particolare Napoli trovassero la forza di risalire la china per conto proprio. Una traversata in solitario, piuttosto che prolungare quest’agonia di unità. Potrebbe essere addirittura auspicabile.