Un gruppo di ricercatori napoletani, coordinati dall’Università Iulm di Milano, ha scoperto a Napoli, sul fondale del mare che circonda il Castel dell’Ovo, l’antico porto della città, Parthenope. Ad una profondità di circa 4 metri, oltre alla struttuale portuale, sarebbe emerso anche un impianto stradale, sul quale sono impressi dei segni che lasciano pensare a dei solchi tracciati dai carri. Le ricerche sono ancora in corso, ma gli studiosi stanno già lavorando alle prime ipotesi.
IL PERIODO STORICO
I reperti emersi sul fondale di Napoli potrebbero risalire circa al IV secolo a.C., visto che, ha spiegato l’archeologo subacqueo, Filippo Avilia, le gallerie sembrano postazioni militari, posti a controllo di un tratto di mare, e rimandano a quelle dell’Antro della Sibilla a Cuma, risalenti appunto al IV secolo a.C.. Conferme sulla data si cercano anche attraverso la rilettura di fonti storiche e iconografiche, oltre che con interviste ai pescatori che conoscono benissimo la zona.
LE IPOTESI
I reperti farebbero pensare ad un braccio di terra continuo, non a un isolotto separato, una baia che presumibilmente andava da Mergellina, in prossimità del molo di attracco degli aliscafi, rientrava a piazza dei Martiri, curvava sotto Pizzofalcone, e proseguiva alla fine con il “braccio” di Castel dell’Ovo, la penisola di Megarys. Come spiega ancora Avilia, forse è proprio la baia del primo insediamento greco sulla collina di Pizzofalcone, prima di Neapolis.
ALTRE RICERCHE
Ora gli studi proseguiranno grazie a un team affiatato e di alto livello, composto, oltre che da Avilia, dal geologo Rosario Santanastasio, responsabile nazionale dell’associazione Marenostrum di Archeoclub d’Italia, dal suo responsabile tecnico subacqueo Vasco Fronzoni e dall’ingegnere Vincenzo Landi, direttore tecnico di Elleesseitalia srl.