Napoli – Via Toledo è costeggiata da alcuni fra i palazzi più eleganti e sfarzosi di tutta Napoli: basti pensare a Palazzo Zevallos. Tuttavia, uno in particolare spicca sia per la sua struttura che per un importantissimo fatto storico che l’ha visto protagonista. Palazzo Doria D’Angri, in Piazza 7 Settembre, lungo via Toledo, venne edificato su volere del principe Marcantonio Doria. Inizialmente, al suo posto si ergeva un’altra struttura e, quando nel 1760 venne demolita, Marcantonio morì.
L’onere di erigere il nuovo palazzo di famiglia passò, quindi, al figlio Giovanni Carlo che commissionò il progetto a Luigi Vanvitelli, il grande architetto e scultore olandese che costruì la Reggia di Caserta. Vanvitelli però era già anziano ed infatti morì nel 1773 senza riuscire a vedere ultimato il suo ultimo lavoro. Il progetto passò prima a Ferdinando Fuga, poi a Mario Gioffredo, ma fu solo Carlo Vanvitelli, figlio e collaboratore di Luigi, a dare nuova linfa ai lavori ed ultimare la costruzione del palazzo nel 1778.
In realtà, i lavori non erano ancora completati, ma la struttura fuoriusciva di una decina di centimetri dal lotto originario e la cosa fece scaturire una controversia legale con il marchese Pulce, che aveva in fitto un terreno confinante. Solo anni dopo, con la risoluzione della lite, fu possibile ultimare la facciata ed aggiungere le quattro colonne che contornano l’ingresso principale.
Il 7 settembre del 1860 Palazzo Doria D’Angri divenne il teatro di uno degli episodi più importanti e drammatici della storia napoletana. Fu dal suo balcone principale che Garibaldi, appena entrato in città, annunciò l’annessione del Regno delle Due Sicilie alla neonata Italia ponendo ufficialmente fine alla monarchia borbonica. Il famosissimo acquarello di Franz Wenzel Shwartz raffigurante l’“Ingresso di Garibaldi a Napoli”, conservato a Castel Nuovo, raffigura la facciata del palazzo come si mostrava al tempo.
Altri episodi successivi infatti alterarono per sempre la struttura. Nel 1940 la sontuosa collezione di Marcantonio Doria venne scompattata e venduta all’asta: fra i dipinti battuti c’era anche il “Martirio di Sant’Orsola” di Caravaggio, oggi esposta nel vicino Palazzo Zevallos. I bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, invece, distrussero gran parte della facciata, compreso lo stemma nobiliare della famiglia Doria.
Seguirono altri anni in cui abbandono ed interessi privati impoverirono ancor di più la struttura: “Gli importanti arredi – spiegò Sergio Attanasio, presidente dell’associazione Palazzi napoletani, su Repubblica – e la collezione di dipinti che comprendeva opere di Tiziano, Tintoretto, Rubens, van Dyck, Ribera e Leonardo, oltre a una serie di magnifici arazzi della manifattura di Beauvais con le gesta del Re Sola provenienti dal castello di Angri e mobili della omonima villa di Posillipo, andarono all’asta e furono acquistati da Achille Lauro.”
Dal 1993 il palazzo è sede di conferenze ed eventi ed è aperto al pubblico solo in occasioni eccezionali. Da gennaio di quest’anno il “piano nobile”, ricco ancora di affreschi, mobilio del tempo, arazzi e dipinti di inestimabile valore, è in vendita per la modica cifra di 5 milioni di euro.