La dichiarata guerra dell’Organizzazione mondiale della sanità e dell’Onu al diabete, ai tumori e alla malattie cardiovascolari, rischia di diventare una guerra anche all’agroalimentare italiano. Perché? Come contromisure alle malattie non trasmissibili citate, spiega il Sole 24 Ore, è stata rilevata la necessità di ridurre l’apporto di grassi saturi, sale, zuccheri e alcol. Quindi, si andrà a rendere la “vita difficile” anche a prodotti nostrani come il Parmigiano reggiano (addirittura considerato dannoso come il fumo), il prosciutto di Parma, ma anche la pizza, il vino e l’olio d’oliva.
L’Onu per il prossimo 27 settembre, a tal proposito, ha fissato il D-Day quando a New York i capi di Stato si incontreranno proprio per affrontare i temi che riguardano le malattie non trasmissibili. Sul tavolo di lavoro ci saranno anche le nuove e pesanti misure, con molti prodotti della dieta mediterranea (da sempre considerata come la più salutare) che potrebbero essere pesantemente tassati. Inoltre, per i prodotti ricchi di sale, grassi e zuccheri, l’Onu vorrebbe introdurre un’etichetta che ne evidenzi l’alto pericolo, per scoraggiarne il consumo.
Le risoluzioni Onu non sono obbligatoriamente recepibili dagli Stati membri, ma le stesse potrebbero comunque condizionare (come già in passato su altre questioni) il mercato dell’agroalimentare, con alcuni Stati che potrebbero decidere di adottare misure punitive. Le aziende italiane sono, quindi, preoccupate anche perché a rischio ci sono gli oltre 41 miliardi di export che l’Italia ha fatto registrare nel 2017, e che potrebbero diventare di difficile replica. Preoccupate anche le associazioni dei consumatori che prevedono, in caso di norme restrittive, un aggravio nel carrello della spesa di 546 euro all’anno.
In tutto questo a guadagnarci sarà l’industria chimica e tutte quelle aziende che producono sostituti chimici per alimenti. Il perché è stato recentemente illustrato dalla Coldiretti che ha spiegato come in nome della “buona salute” molti Paesi (come già Francia e Gran Bretagna) potrebbero lasciare senza alcun problema via libera, ad esempio, alla “povera” di zuccheri Coca Cola Light, a discapito di ben 85% dei prodotti Dop italiani.