Era stata un’idea, un progetto e una missione culturale davvero allettante oltre che entusiasmante. Far nascere una succursale della Normale di Pisa a Napoli, città che già vanta una delle l’università laica più antica del mondo, il complesso universitario della Federico II, sarebbe stato non solo uno valido scambio culturale che avrebbe arricchito di prestigio Napoli, ma in misura proporzionata avrebbe confermato il potere culturale e attrattivo dell’Università pisana.
E invece non se ne farà niente e l’autore nonché l’ideatore di questo progetto si dimetterà dal suo incarico di direttore dell’ Università. Così Michele Barone, laureatosi alla Federico II, lascia la più prestigiosa carica universitaria per tornare a rivestire solo i panni di insegnate di Chimica, sempre presso l’ateneo pisano. Ma dalle sue dichiarazioni è chiaro come il principale problema sia stato la politica. Quella politica che dal primo momento ha messo i bastoni tra le ruote e si è cimentata in questo compito di “disturbatore” fino a far sbriciolare tutto.
Lo stesso Barone ha infatti dichiarato, come riportato dal Corriere del Mezzogiorno: “Sono molto dispiaciuto perché eravamo andati vicini alla realizzazione di un sogno, portare la Normale di Pisa a Napoli. Dal punto di vista politico quello che non ha funzionato è stata un’interferenza indebita della politica locale sull’autonomia dell’università”– e rincara la dose aggiungendo: “Non so se a Pisa avrebbero protestato ugualmente se la sede fosse stata aperta al Nord. Io mi attengo alle dichiarazioni degli esponenti leghisti di Pisa secondo i quali la Scuola non si sdoppia”.
Ma la Normale nel progetto iniziale non voleva né doveva sdoppiarsi. Napoli avrebbe fatto da “incubatore” e non avrebbe mai avuto una vita autonoma dalla Normale “madre”, ma ne sarebbe dipesa completamente. Per non parlare poi della politica leghista locale, che con un veto assoluto sul progetto ha intaccato gli stessi interessi della città di estendere e far risuonare a livello nazionale il nome della Normale di Pisa. Ma con un dubbio: che se la seconda sede fosse stata aperta al Nord, probabilmente non si sarebbe gridato allo scandalo.