“Finché c’era lui, non ce n’era per nessuno“. Così Nino D’Angelo parla di Patrizio Esposito, il primo vero cantante neomelodico napoletano. Ucciso, però, all’età di soli 24 anni dalla droga, tra un misto di sospetti e notizie mai verificate. Nessuno, comunque, tra gli appassionati di musica degli anni ’70 lo ha mai dimenticato, complice la sua precocità artistica.
Nato a Napoli, nel quartiere di Porta Capuana, il 27 novembre 1960, iniziò a cantare sin da bambino e, con la caratteristica timbrica delle voci bianche, incise i suoi primi album, tra i quali “Papà… è Natale” e “‘O figlio d”o Marsigliese“, riscuotendo un notevole successo nell’ambito della cosiddetta canzone neomelodica, ma non solo. In effetti, questo suo secondo album prese spunto da una sua partecipazione, all’età di appena 14 anni, a tre puntate della serie “Il marsigliese”, in cui Patrizio Esposito interpretava il ruolo di uno dei protagonisti della pellicola.
Quando esce il suo terzo album, “Cristallo”, la voce di Patrizio è cambiata, è più matura, il che – contrariamente a molti enfant-prodige – gli regala il definitivo salto di qualità, tanto da sbarcare a soli 19 anni addirittura sulle reti Rai, ospite di una trasmissione condotta da Pippo Baudo. È la svolta: le sue canzoni, infatti, cominciano ad uscire dai confini della Campania, e sono celebrate nell’intero Sud Italia, in particolar modo in Puglia.
Sul più bello, però, la musica si spegne: a 24 anni, dopo aver inciso già dieci album di successo, Patrizio Esposito viene ritrovato all’interno della sua automobile morto per overdose di eroina, in una stradina del quartiere di Barra. Per anni si sono fatte supposizioni sul suo decesso: alcuni hanno ipotizzato che fosse stato ucciso dalla camorra, perché frequentava la donna di qualche boss; altri che avesse preso questo “brutto vizio”, perché il successo era giunto troppo presto e non aveva saputo gestirlo.
La verità è che Napoli la sera del 27 gennaio del 1984 perse il primo esponente della musica neomelodica.