La Federico II di Napoli raggiunge un altro importante traguardo.Il polo universitario campano, infatti, si è reso protagonista di un intervento innovativo per la stimolazione cerebrale profonda.
L’intervento, perfettamente riuscito, ha impegnato un team di esperti neurochirurghi. Tra questi, Felice Esposito e Teresa Somma, dell’equipe del professor Cappabianca. Ma anche i neurologi dell’Università Vanvitelli, del Policlinico, del Cardarelli e dell’Università di Salerno. Fondamentali sono stati poi gli anestesisti, co-protagonisti in sala operatoria con neurochirurghi e neurologi.
L’intervento si lega all’introduzione di un dispositivo unico nel suo genere. Il 4 giugno, infatti, è stato impiantato un sistema di stimolazione cerebrale profonda (DBS – Deep Brain Stimulation) per la terapia chirurgica di un paziente affetto da morbo di Parkinson.
Il neurostimolatore impiegato è l’unico che consente di stimolare l’attività dei neuroni cerebrali. Permette anche di rilevare in tempo reale la loro attività, grazie agli elettrodi impiantati. Tutti questi segnali vengono registrati e memorizzati sul dispositivo. Ciò consente di effettuare una continua correlazione con lo stato clinico, con eventuali effetti collaterali associati alla terapia farmacologica e con eventi della vita quotidiana.
Questo flusso di dati consente al neurologo di ottimizzare i parametri di stimolazione, adattandoli alle esigenze del paziente, rivelando l’unicità del sistema. Quest’ultimo consente la cosiddetta la stimolazione adattiva o smart: offre la possibilità di regolare automaticamente la stimolazione cerebrale del paziente “momento per momento”, in risposta alle varie attività che svolge ogni giorno.
La Federico II di Napoli, dunque, nonostante l’emergenza Covid, non ha rinunciato al suo ruolo di struttura ad alta specializzazione e innovazione tecnologica. In tal modo Napoli, e più in generale, la Campania si confermano sulla mappa dell’innovazione in neurochirurgia. Mettono, infatti, al servizio dei propri pazienti le più moderne cure neurochirurgiche, liberandoli dalla necessità della migrazione sanitaria.