Fondamentale è il supporto per i più piccoli che, loro malgrado, devono ricevere delle cure in ospedale, ma lo è ancora di più in questo periodo di pandemia così delicato, dove la paura dei contagi e la necessità di prevenirli porta inevitabilmente a diminuire i contatti e la vicinanza tra le persone. L’associazione ABIO, nata a Milano nel 1978 e da lì poi diffusa in tutta Italia, si occupa proprio di aiutare i bambini a superare l’impatto con l’ospedale introducendo elementi di distrazione come il gioco, il sorriso, ambienti studiati e creati appositamente per agevolare un adattamento il meno traumatico possibile.
Abio Napoli nasce precisamente nel 2000, con l’intenzione di rendere gli ospedali più a misura di bambino. I volontari accedono in tutti i reparti possibili, rivolgendosi a bambini e ragazzi da 0 a 18 anni. A volte ci sono anche ragazzi maggiorenni che continuano le terapie.
A raccontarci di più sull’associazione napoletana è Sofia, volontaria attiva in prima linea da ben 8 anni oltre che responsabile della comunicazione: “Cerchiamo di rendere meno traumatica l’esperienza dell’ospedalizzazione per tutti, sia per i bambini che per i genitori. Rappresentiamo ormai una figura di riferimento per entrambi, soprattutto per i genitori che trovano in noi una figura di supporto.”
“Da due anni, a causa del Covid-19, non ci è possibile accedere fisicamente ai reparti, e da allora ci siamo reinventati. Abbiamo creato ABIO da lontano con dei video e facciamo periodicamente consegne di giocattoli. Per Natale e per l’Epifania abbiamo consegnato sempre dei giocattoli, mentre alcuni volontari hanno avuto anche l’opportunità di accedere a dei reparti ed incontrare qualche bambino, allestendo gli addobbi natalizi e distribuendo i giocattoli. In questi due anni, al massimo siamo riusciti a fare delle feste nei cortili degli ospedali così che i bambini potessero guardarci e ballare con noi dalle finestre“, ci ha spiegato Sofia.
Un altro progetto dell’associazione svolto al fuori dell’ospedale è “Conoscere per non aver paura“. È portato avanti principalmente nelle classi elementari. “Mira a informare i bambini di ciò che accade in ospedale, quali sono i diritti dei piccoli pazienti. Quando un bambino viene ricoverato è per un’urgenza, quindi non c’è il tempo di prepararlo su ciò che troverà, quindi l’obiettivo del progetto è quello di fargli sapere così da diminuire le sensazioni di paura. I volontari spiegano tutto tramite disegni ed attività, ed alla fine della lezione lasciamo anche un attestato di bambino coraggioso.”
“Quando torno a casa mi sento estremamente piena. Prima di andare in reparto mi sento come se camminassi sulle nuvole, è una sensazione meravigliosa. Le emozioni che provo dopo non sono sempre tutte positive, perché incontri tante persone che stanno male. Trovarsi di fronte alla sofferenza non è sempre così semplice. Però ciò che accomuna un po’ tutti i volontari, anche perché tra di noi parliamo ed è anche questo bellissimo, è che alla fine di ogni turno ci sentiamo come se avessimo ricevuto più di quanto abbiamo dato. È una cosa che ci gratifica un sacco, non vorremmo impiegare il nostro tempo in nessun’altra attività.”
Diventare volontario per ABIO non è così semplice. Dopo aver fatto richiesta, bisogna seguire un corso di formazione e fare un tirocinio di 6 mesi affiancato da un volontario più esperto. Solo dopo ciò, ci si può ritenere un volontario effettivo: un percorso che è garanzia e dimostrazione della competenza con cui Abio opera. Ogni volontario fa un turno settimanale da circa 3 ore, ed in ogni reparto c’è sempre qualcuno che fa mattina e sera, in base alla disponibilità. Per di più, l’associazione si sostiene solo tramite donazioni libere oppure il 5×1000, mentre nell’ultimo periodo ciò che chiedono sono soprattutto giocattoli, così da darli ai bambini.