Dividere la città di Napoli in sei zone, sei comuni metropolitani con una propria autonomia. È la proposta di Gennaro Capodanno, presidente del Comitato Valori collinari, già presidente della Circoscrizione Vomero, secondo il quale in questo modo i cittadini napoletani risparmierebbero molti soldi attraverso la soppressione delle Municipalità.
La proposta di Gennaro Capodanno è quella di scindere il Comune di Napoli in sei diversi Comuni più piccoli, ognuno con un proprio sindaco: “I nuovi Comuni avrebbero una popolazione media variabile tra i 150mila ed i 200mila abitanti e nascerebbero dall’accorpamento degli attuali quartieri, secondo un criterio meramente geografico. Per ognuno dei sei Comuni metropolitani andrebbero eletti 10 consiglieri e un sindaco, coadiuvato da una giunta di due soli assessori”.
I sei comuni individuati sono i seguenti: “Il progetto da me elaborato – precisa Capodanno – prevede un comune Napoli Ovest, corrispondente al territorio degli attuali quartieri di Bagnoli, Fuorigrotta, Pianura e Soccavo; mentre i quartieri Arenella, Chiaiano e Vomero costituirebbero il Comune Collinare ed i quartieri S. Carlo all’Arena, Stella, S. Lorenzo e Vicaria, il Comune Napoli Centro. I quartieri Chiaia, S. Ferdinando, Posillipo, Avvocata, Montecalvario, S. Giuseppe, Porto, Mercato e Pendino confluirebbero nel Comune Costiero, il Comune Nord riguarderebbe i territori dei quartieri Miano, Piscinola, Marianella, S. Pietro a Patierno, Scampia e Secondigliano ed infine il Comune Est si estenderebbe sui attuali territori di Poggioreale, Zona industriale, Barra, Ponticelli e S. Giovanni a Teduccio”.
Secondo Capodanno vi sarebbe un grande risparmio economico: “È assurdo che a fronte di 40 consiglieri comunali attribuiti al capoluogo partenopeo si continui a mantenere l’attuale assetto che prevede dieci municipalità con ben 300 consiglieri municipali oltre a 10 presidenti e 30 assessori, tre per ogni municipalità. Un costo eccessivo per la collettività se si considerano anche le strutture ed il personale necessario, oltre agli emolumenti elargiti agli esponenti elettivi e a rimborsi ai datori di lavoro. Sicuramente si tratta di uno spreco da eliminare per le già disastrate casse comunali. Stando agli ultimi dati conosciuti gli impegni di competenza, per il solo funzionamento, delle municipalità partenopee sono annualmente di circa 450mila euro, mentre per le spese relative alle indennità dei consiglieri risulta un importo di poco meno di due milioni e mezzo di euro che va ad aggiungersi all’oltre un milione di euro per le indennità dei presidenti e degli assessori municipali, per un totale complessivo di circa 4 milioni di euro. Peraltro notoriamente, già da quando furono istituite le ex circoscrizioni, questi organismi del decentramento partecipativo hanno avuto scarso seguito presso le popolazioni amministrate, anche perché prive di reali poteri operativi. Utilizzati, alla bisogna, più come meri organismi consultivi ma sovente ignorati nelle decisioni importanti, assunte a livello centrale”.
Una proposta che fa sorridere, poiché non tiene conto non solo della storia ma soprattutto del sentimento di appartenenza dei napoletani alla propria città. È assurdo pensare di dividere zone di Napoli che da secoli fanno parte di un’entità unica. Gli ultimi quartieri ad essere stati accorpati in epoca fascista, quelli più periferici ed ex comuni autonomi, fanno parte della città ormai da un secolo. Senza contare i costi che comporterebbe la realizzazione del progetto, a partire dal cambio di residenza per tutti i cittadini e la rivoluzione amministrativa che ne deriverebbe. Un caos senza precedenti e molto, molto costoso.