Risolto l’enigma del coccodrillo del Maschio Angioino: grazie al Dna si è scoperta l’età e da dove viene
Ago 18, 2022 - Claudia Ausilio
coccodrillo
Il coccodrillo del Maschio Angioino di Napoli non è una leggenda, esiste eccome! Grazie ad un recente studio è stato analizzato il Dna delle ossa ritrovate ed è stata stabilita l’epoca in cui è vissuto l’animale e come ha fatto ad arrivare fin qui.
Coccodrillo del Maschio Angioino: le leggende
Tante sono le storie e leggende nate attorno alla figura di questo fantomatico coccodrillo napoletano. Prima tra tutte è quella che vede il re aragonese Ferrante, figlio di Alfonso il Magnanimo, che utilizzava la cella, detta la Fossa del Miglio, per rinchiudere i prigionieri condannati alle pene più dure. Come raccontava Benedetto Croce, si racconta che molti dei prigionieri rinchiusi in questa fossa scomparissero nel nulla, dalla sera alla mattina. In questa fossa entrava un coccodrillo che azzannava i prigionieri trascinandoli in mare. Esaurito il suo compito, la bestia fu poi catturata ed uccisa, impagliata e esposta in bella vista sulla porta d’ingresso del Maschio Angioino.
In realtà fino al 1875 un coccodrillo fu veramente esposto sulla sommità della porta di bronzo di Castel Nuovo, come testimonia la celebre foto di Robert Rive: in quell’anno il trofeo fu donato dal comandante del Forte a Giuseppe Fiorelli, che nel 1866 aveva fondato il Museo di San Martino.
La terza leggenda vuole che un coccodrillo impagliato fu offerto come ex voto da un soldato di ritorno dall’Egitto, durante il Medioevo, all’immagine della Madonna del Parto che si trovava nella cappella palatina, come racconta Pompeo Sarnelli in una delle prime “guide turistiche” di Napoli del 1685.
Grazie allo studio del 2020 condotto da Vincenzo Caputo Barucchi, ordinario di Anatomia comparata all’università politecnica delle Marche, insieme a Tatiana Fioravanti, esperta di Dna antico, e a Emanuele Casafredda, laureato in Restauro presso l’Accademia di belle arti di Napoli, che si è occupato del restauro dei resti del coccodrillo, che per oltre 150 anni è rimasto nei depositi del Museo di San Martino, si è scoperto che è proprio questa terza ed ultima leggenda sarebbe quella più verosimile.
Lo studio recente sul coccodrillo di Napoli
Analizzando il Dna prelevato dalla radice di un dente della bestia e del radiocarbonio, è stato possibile capire che il coccodrillo farebbe parte della classe del “Crocodylus niloticus”, quindi proveniente dall’Egitto, e sarebbe stato datato ad un periodo compreso tra il 1296 e il 1419, compatibile con la leggenda dell’ex voto.
“Questi risultati – dice lo studio – sono commentati alla luce del simbolismo religioso medievale e delle antiche leggende che legano il coccodrillo alla storia di Napoli durante la metà del XV secolo. I dati ottenuti sembrano confermare la spiegazione trovata in una vecchia guida a Napoli, secondo cui il coccodrillo impagliato fu offerto da un soldato di ritorno dall’Egitto come ex-voto all’immagine della “Madonna del Parto” nella cappella del castello. Inoltre, la datazione al radiocarbonio mostra che l’individuo analizzato potrebbe essere il più antico vertebrato tassidermizzato in Europa“.
“Questo risultato – continua – è coerente con la possibile origine egizia dell’esemplare di “Castel Nuovo” ed è supportato anche dalla presenza di altri coccodrilli imbalsamati del Nilo, risalenti al XV o XVI secolo, in siti in prossimità delle coste e lungo le rotte commerciali da e per l’Oriente (Bertelli 2018). Inoltre, è importante ricordare che il porto di Alessandria ha svolto un ruolo chiave per il commercio tra l’Egitto e l’Europa durante il periodo medievale (Reimer 1997)“.