Nella sede di Scampia della Federico II, nella giornata di ieri è avvenuto l’incontro tra Emanuele Palumbo, in arte Geolier e gli studenti dell’università. Una chiacchierata dove il tema era il pregiudizio e la voglia di rendere grande Napoli per le cose belle. Il rapper non ha nascosto la sua felicità nel poter parlare ai tanti giovani presenti rendendosi disponibile ad un bel dibattito che tanto è stato apprezzato sia dagli addetti ai lavori che ai tanti studenti che nelle settimane scorse hanno fatto le corse per accaparrarsi la presenza.
Tanti argomenti toccati da parte del rapper, che ha voluto rispondere a tutte le curiosità dei tanti presenti. Il primo tema affrontato, era quello per le tante critiche social dopo l’annuncio del suo incontro con gli studenti: “Qua dentro io non posso insegnare niente a nessuno, posso solo imparare. Anche io, come voi, ho mille paure, mille ansie. Quando voglio stare tranquillo sto nel mio rione, lì le persone non mi fermano, sanno che sto là per sentirmi a mio agio, tutti mi chiamano Emanuele e mi piace”.
Il rapporto con i genitori: “Mio padre quando parla crea silenzio, ma ogni volta che parla è un insegnamento: lui è quello che vorrei essere da grande. La prima volta che mi ha fatto un complimento è stato l’altro giorno per L’ultima poesia, la canzone con Ultimo, mi ha detto che è proprio bella. Quello che faccio è per loro, se loro sono orgogliosi di me va bene. Mi posso pure fermare, non mi interessa altro”.
La musica, la sua chiave del successo, tra la paura della tanta intelligenza artificiale e il rimpianto del non essersi laureato: “Il tempo ti rende maturo, nei miei pezzi parlo in maniera diversa ultimamente, ma l’arte non ha una responsabilità educativa, questa me la sono presa io. L’intelligenza artificiale non avrà mai è il dolore di un artista. Dato che è matematica, non avrà mai un sentimento. Io personalmente avrei dovuto studiare di più per comunicare meglio con le persone. Durante le prime interviste avevo paura di parlare: sono un ragazzo rionale, era strano dire una parola in italiano, forse quello è l’unico rimpianto che ho”.