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A Bagnoli il torneo di ActionAid ‘Dialect’, per dare un calcio a discriminazioni e pregiudizio

A Bagnoli lo scorso sabato il torneo finale del progetto coordinato da ActionAid, con decine di ragazzi e ragazze che praticano lo street soccer abituandosi a ignorare esclusione e discriminazioni.

Sono le nove quando con scopa e paletta un gruppetto composto da educatori e qualche ragazzino fa il suo ingresso al MetroPark Stadium, dove l’asfalto è ancora bagnato per la pioggia caduta in nottata. C’è da spazzare via un po’ di fogliame che se n’è andato in giro per il piazzale, qualche bottiglia abbandonata da chi la sera prima ha festeggiato un compleanno (lo conferma anche una batteria di fuochi d’artificio esplosi nel cerchio di centrocampo) e poi si potrà cominciare.

A Bagnoli il torneo di ActionAid, per dare un calcio a discriminazioni e pregiudizio

Ci troviamo a Bagnoli, in un campetto autocostruito da educatori, ragazzi e ragazze del quartiere laddove prima c’era solo un grosso piazzale di cemento, ex parcheggio di scambio della stazione della metropolitana. Il collettivo Bagnoli Street Soccer (qualche adulto e tanti ragazzi e ragazze dai 10 ai 18 anni) ha dipinto per terra, un paio d’anni fa, un campo verde, con tanto di linee e aree di rigore, nello spazio in cui bambini e ragazzi si radunavano a giocare; e poi una porta su un muro divisorio, sopra la quale si affacciano tifosi-cartoon a cantare e tifare, mentre l’altro portiere si arrangia tra due zaini, o piazzando a mo’ di pali tutto ciò che si trova in giro. “Se i campi da calcio pubblici e gratuiti non ce li date, ce li costruiamo noi”, lo slogan dell’operazione.

È sabato mattina, 25 maggio. I ragazzi arrivano alla spicciolata. L’occasione è il torneo finale di Dialect, un progetto europeo che vede partner Grecia, Italia, Serbia e Ungheria, e che a Napoli è coordinato da ActionAid fin dalla sua prima edizione, nell’ormai lontano 2019.

Il progetto ha al centro la metodologia del Football3, una sorta di “calcio solidale” che prevede l’autorganizzazione dei partecipanti, i quali nel corso dei tre tempi dovranno scegliere delle regole speciali con cui giocare, e che al termine della partita si assegneranno, discutendone collettivamente, dei punti fair play capaci di capovolgere, se necessario, il risultato del campo.

Al progetto ActionAid ha lavorato a Napoli proprio in collaborazione con il gruppo di Bagnoli Street Soccer, che già nella precedente edizione aveva partecipato, ma che questa volta ha messo a disposizione la sua “casa-base”, il MetroPark, per disputare il torneo. Qui si sono stati girati anche i video prodotti dai e dalle partecipanti nel corso di un laboratorio sui media digitali, che ha sperimentato un utilizzo diverso degli strumenti che accompagnano i giovani in ogni momento della loro vita, per filmare e poi diffondere messaggi che tenessero insieme il calcio e la solidarietà, il rispetto per l’altro, la battaglia a ogni tipo di discriminazione.

Bagnoli è un territorio che ha sperimentato a lungo le potenzialità dello sport come strumento educativo e di emancipazione sociale. Qui è nata nel 2013 la Lokomotiv Flegrea, una realtà di sport sociale che ha formato la prima scuola calcio popolare d’Italia, in cui i ragazzi e le ragazze partecipavano alle attività versando pochi euro al mese, ma grazie all’impegno di un collettivo di volenterosi attivisti e attiviste, riuscivano a portare avanti tutte le attività di una scuola calcio “normale”.

In cambio, gli educatori avevano la loro attenzione, disponibilità e fiducia, per poter lavorare e mostrargli che lo sport può essere uno strumento per comprendere meglio la vita. Anche per questo, nel corso di questi anni di Dialect, il tessuto sociale del territorio si è mostrato prontissimo a raccogliere questa nuova sfida.

Alle 11 il torneo può cominciare. Ci sono i ragazzi e le ragazze di Bagnoli, qualcuno che ha ricevuto l’invito via social network e si è presentato, le ragazze dell’educativa territoriale di Sant’Anastasia (le cooperative Chiari di bosco e Prodoos) e della scuola calcio Sant’Anastasia Calcio 1946, anche loro partecipanti al progetto, venuti a celebrare l’ultimo atto sportivo di questo percorso con i loro compagni e le loro compagne flegree.

“L’interazione tra adolescenti e giovani, ragazzi e ragazzi, che provengono da esperienze personali e contesti sociali talvolta anche molto diversi tra loro è una delle sfide più grandi e al tempo stesso il potenziale innovativo del progetto”, spiega Daniela Capalbo, che di ActionAid è Program developer su Disuguaglianze globali e immigrazione in Campania.

“Il metodo Football3 riporta al centro la funzione sociale dello sport che torna a essere uno strumento di inclusione e partecipazione sana, di riappropriazione dello spazio pubblico, di costruzione di un senso di appartenenza collettiva”.

Le partite, le discussioni e la musica andranno avanti a lungo. Alla fine il torneo sarà vinto dagli “Scarsenal” (l’autoironia che trionfa!), cinque ragazzi e ragazze che hanno giocato bene e altrettanto bene si sono comportati in campo, come tutti e tutte gli altri a dire il vero, dopo ore di estenuanti partite sotto il sole. Gol, abbracci, premi fair play, e poi un pranzo collettivo tutti insieme, senza differenze, perché una volta che hai imparato a ignorarle in campo, mentre giochi, ti riesce più facile farlo anche nella vita.

La pelota no se mancha.