Stanno facendo discutere le parole dell’avvocato Luca Raviele, nominato difensore del killer 17enne di Santo Romano, il 19enne ucciso a colpi di pistola nella notte tra l’1 e il 2 novembre a San Sebastiano al Vesuvio.
Queste le sue dichiarazioni alla Rai: “Il ragazzo fin da subito, spontaneamente, ha ammesso di aver sparato ma ha dato una dinamica dei fatti diversa da quella riferita dai giornali. C’è stata effettivamente questa spallata, dopodiché la questione è terminata”.
Lì si sarebbe sporcata la scarpa: “Io vi dico quello che ha riferito lui, perché non ho letto ancora gli atti. Non ha parlato assolutamente della scarpa né gli sono state fatte domande sul punto.
Ha riferito di una spallata che avrebbe dato inizio ad una discussione. Discussione che poi è terminata. Lui stava andando via, è salito in auto, e quando è salito in auto è stato, dichiara lui, raggiunto da un gruppo di 4-5 ragazzi, di cui facevano parte anche le due vittime, e in particolare il ragazzo che è stato ferito mortalmente l’avrebbe afferrato per il braccio. Un altro gli avrebbe dato uno schiaffo ed un terzo avrebbe mostrato un coltello.
Per cui lui ha reagito estraendo la pistola che aveva nella cintola dei pantaloni e sparando non con la volontà di uccidere. È stato un gesto istintivo per difendersi in quel momento. Stiamo parlando chiaramente di un ragazzo che ha delle patologie serie e documentate.
Il ragazzo ha delle problematiche serie, certificate e riscontrate sia dall’Inps che dal perito nominato dal Tribunale per i Minorenni in una precedente vicenda. È stato riconosciuto in quell’occasione non imputabile, capace di intendere e di volere ma solo in parte”.