I più scettici potrebbero dire che è lucida per umidità dovuta al luogo sotterraneo o che le persone anziane sono solite strofinarla per alimentare la leggenda, ma per i più devoti è il sudore delle anime del Purgatorio. Continuando il nostro viaggio nelle leggende del cimitero delle Fontanelle, dopo quella del Capitano, ci imbattiamo nella storia di Donna Concetta. All’estrema sinistra, in una delle diramazioni della navata dei Preti è possibile scorgere il suo cranio, detto “a capa che suda”. Questo teschio, posto all’interno di una teca di legno, è senza macchie. A differenza degli altri che la circondano e che sono ricoperti di polvere e terra, quest’ultimo appare sempre ben lucidato. Per i più credenti quell’umidità è acqua purificatrice, emanata dall’aldilà come conseguenza delle fatiche e delle sofferenze cui sono sottoposte le anime del Purgatorio. Secondo la tradizione si può toccare il teschio di Donna Concetta per chiedere una grazia. Se la propria mano si bagna, la richiesta sarà soddisfatta. Se invece il cranio non suda, è un cattivo presagio poiché significa che l’anima abbandonata sta soffrendo e non può concedere la grazia. Al contrario, si racconta che quando la “capuzzella” appare particolarmente umida, è perché il defunto sta esaudendo una preghiera.
Nello specifico, questo cranio è un vero e proprio talismano della fertilità. Aiuta le donne devote a restare incinte.
Ma chi era davvero Donna Concetta? La leggenda narra che una popolana molto conosciuta nel quartiere, chiamata appunto Donna Concetta, sperava ardentemente di realizzarsi mettendo al mondo un figlio. Per vedere il suo desiderio esaudito decise di recarsi alle Fontanelle per chiedere a un’anima del Purgatorio la grazia. Scelto un teschio a caso, recitò alcune preghiere, si accostò ad esso e lo accarezzò delicatamente per assicurarsi che l’anima del morto accogliesse la sua richiesta. Dopo poco la donna rimase incinta e allo scadere dei nove mesi diede alla luce un bimbo sano e vivace. Terminata la convalescenza conseguente al parto, Donna Concetta tornò al cimitero per ringraziare l’anima del defunto che l’aveva aiutata. Quando arrivò sul luogo notò che il teschio che aveva prescelto come suo interlocutore emanava una luce abbagliante, mentre tutti quelli intorno apparivano opachi e ricoperti di polvere. Da quel giorno la donna adottò il cranio e divenne una fervente devota di quell’anima ignota che le era venuta in soccorso dal suo luogo di espiazione.
Di solito quando i credenti sono in difficoltà e vivono una situazione precaria, decidono di rivolgersi alle anime del Purgatorio perché si crea una particolare sinergia tra coloro che si sentono deboli in vita e coloro che lo sono nella morte. A queste anime però non si possono chiedere miracoli perché non si tratta di santi e non possono intervenire in una situazione eccezionale. A loro si chiedono delle grazie relative alla quotidianità dell’esistenza che hanno a che fare con matrimoni, figli, lavoro o salute.
Donna Concetta, però, non è l’unica anima femminile a cui poter rivolgere una preghiera, a Napoli, nella Chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco c’è un altro teschio che attira l’attenzione dei devoti, quello di Lucia, di cui parleremo nel prossimo articolo.
Fonti: Marino Niola, “Il purgatorio a Napoli”, Meltemi Editore, Roma, 2003
Katia Alesiano, “Il culto degli anonimi. Intervista a Stefano De Matteis”
Ciro A. R. Abilitato, “Il cimitero delle Fontanelle”