Passeggiando per le strade di Napoli si possono osservare palazzi di stili e periodi diversi. Dal barocco al neoclassicismo, dal Liberty all’architettura fascista. Tutti costituiscono un patrimonio artistico, architettonico e storico del capoluogo campano. Molti edifici sono completamente integrati nell’ambiente che li circonda e al momento della costruzione hanno ottenuto il consenso cittadino. Altri, invece, si distaccano dal paesaggio circostante e a volte hanno ricevuto forti critiche. Questa è la storia del castello Aselmeyer.
Quando l’architetto anglo-napoletano Lamont Young decise di costruirlo, intellettuali e napoletani lo accusarono di aver realizzato una costruzione in contrasto con gli edifici circostanti e con la tradizione della città. Alcuni definirono l’edificio poco elegante e pittoresco.
Il castello Aselmeyer, detto anche Grifeo dal nome dei principi di Partanna, è situato all’incrocio tra il Corso Vittorio Emanuele e il parco Margherita, e fu costruito tra il 1899 e il 1902.
L’edificio si trova in una posizione invidiata da molti poiché affaccia direttamente sul golfo di Napoli, a metà strada tra il versante occidentale della collina del Vomero e il rione Amedeo.
Le mura esterne sono rivestite da tufo e pietra vesuviana, mentre gli interni sono in legno. Nonostante tutti accusassero l’architetto di essersi allontanato dallo stile napoletano, Young utilizzò per la struttura prevalentemente elementi naturali e legati al territorio. Queste caratteristiche, insieme con gli archi ogivali e le torri merlate, laterali e sporgenti con vetrate policrome, fanno del castello un perfetto esempio di architettura gotica. L’edificio presenta anche elementi elisabettiani e tudor tipici delle residenze borghesi inglesi.
Inizialmente Young voleva rendere il castello un albergo per turisti anglosassoni e ricavarci un vano per la propria residenza privata. Ma quando si trasferì sull’isola della Gaiola, due anni dopo averlo completato, il palazzo fu venduto al banchiere Carlo Aselmeyer, cui deve il nome. Nel corso degli anni successivi, gli interni sono stati frazionati in singoli appartamenti e venduti a diversi privati.
Dopo aver progettato il castello Aselmeyer, Young fu chiamato per costruire altri edifici partenopei come villa Ebe, palazzina neogotica anche nota come castello di Pizzofalcone, situata nel quartiere San Ferdinando, sul fianco occidentale del Monte Echia. L’architetto fu anche artefice del primo progetto della metropolitana di Napoli.
Nonostante le feroci critiche che il castello ebbe negli anni della costruzione, non fu l’unica struttura di ispirazione gotica a essere realizzata a Napoli. Difficile dimenticare la facciata del Duomo, realizzata nel 1877 su progetto di Errico Alvino, la chiesa anglicana che si erge in via San Pasquale, costruita nel 1861, e la chiesa luterana situata in via Carlo Poerio, inaugurata agli inizi degli anni sessanta del XIX secolo.
Oggi l’Aselmeyer è affiancato da una piccola palazzina bianca che non ha nulla in comune con il colore, lo stile e l’architettura neo-medievale del castello. Un altro esempio della particolarità e della fantasia made in Naples.
Fonti: Donatella Mazzoleni, “I palazzi di Napoli”, Arsenale Editore, Verona, 2007
Pasquale Belfiore, Benedetto Gravagnuolo, “Architettura e urbanistica del Novecento, Editori La Terza, Roma, 1994