Camminando per via dei Tribunali, poco prima di arrivare a piazza San Gaetano, è impossibile non notare uno dei più importanti monumenti religiosi e profani insieme, che esistono a Napoli: il complesso di Santa Maria del Purgatorio ad Arco.
Nel 1605 alcune famiglie nobili napoletane diedero vita a una congrega laica che aveva tra gli scopi principali la cura delle anime del Purgatorio. Così, su progetto dell’architetto Giovan Cola di Franco, fu eretta la chiesa. Il nome oltre a rimandare alle “anime pezzentelle” fu detta “ad arco” in ricordo di un arco, appunto, su cui si reggeva un torrione medievale che ospitava un’antica istituzione amministrativa in cui si riunivano i nobili per pensare al bene della città. Il seggio, che fu fatto abbattere da Don Pedro de Toledo nel Cinquecento, era detto “Sedile Montagna” ed era situato all’incrocio tra via dei Tribunali, via Nilo e via Atri. Il complesso oltre a comprendere la chiesa, include anche un Museo dell’Opera che ospita l’importante archivio storico, diversi dipinti e manufatti del 1600 e 1700.
All’entrata della struttura sono disposti due basi con teschio e ossa che immediatamente proiettano lo spettatore in una dimensione solenne che sembra rendere quasi impercettibile il confine tra la vita e la morte. La chiesa, consacrata nel 1638, fu concepita fin dall’origine su due livelli: uno superiore, fatto per accogliere i vivi; l’altro inferiore, creato per ospitare i defunti. La parte superiore, con le sue tele e i marmi policromi, è un vero capolavoro dell’arte barocca. Degno di nota è il monumento funebre di Giulio Mastrillo, uno dei fondatori della chiesa, realizzato da Andrea Vaccaro. La leggenda narra che Mastrillo decise di far costruire questo complesso dopo essere stato assalito dai malviventi ed essere stato salvato da una schiera di anime purganti invocate in soccorso. Il riferimento alle anime del Purgatorio è costante anche nel livello superiore poiché sono diversi i dipinti che le rappresentano. Sull’altare maggiore è disposta la tela di Massimo Stanzione raffigurante la “Madonna con le anime del Purgatorio”. La parete di fondo, dietro l’altare, è decorata con un teschio alato realizzato da Dionisio Lazzari. Questo cranio è un ulteriore simbolo di come i napoletani intendano il passaggio provvisorio che le “anime pezzentelle” devono attraversare prima di ricongiungersi al Signore.
Ma la bellezza di questa chiesa è nel mondo che offre la parte inferiore, del tutto speculare per dimensioni a quella superiore, ma opposta per luce e decorazioni. Nell’Ipogeo, si accede tramite una botola come se i visitatori attraversassero un passaggio per scendere agli Inferi. Sulla parte alta delle pareti sono disposte delle grate che permettono ai passanti di guardare all’interno dell’Ipogeo anche dalla strada. Questo espediente permette ai devoti di poter pregare per le anime prescelte sia di giorno dall’interno, che di notte dall’esterno. La tradizione vuole che tutti i crani tenuti qui siano appartenuti a sventurati che morirono drammaticamente e senza cordoglio. Marinai, appestati, sfortunati che continuano a vagare tra le fiamme del Purgatorio alla mercé delle cure e delle preghiere dei vivi, i soli capaci di restituire loro la pace. Tra i teschi che maggiormente attirano le attenzioni dei fedeli c’è quello della sposa Lucia. Bisogna però ricordare che, nei secoli passati, questo culto fu avallato dalla Chiesa poiché consentiva di raccogliere offerte e donazioni, poi nel 1969 fu vietato perché ritenuto pagano. Ma nonostante pregare per queste anime non sia un’azione sacra, la chiesa Santa Maria del Purgatorio ad Arco continua a essere visitata ogni giorno da centinaia di persone.
Fonti: Luigi M. Lombardi Satriani, “Santità e tradizione: itinerari antropologici-religiosi in Campania”, Meltemi Editori, Roma, 2000
Marino Niola, “Il purgatorio a Napoli”, Meltemi Editore, Roma, 2003