Guardarlo per un po’ di tempo può sortire un effetto ipnotico. A un certo punto si ha l’impressione di sentirsi risucchiati in quel sali-scendi che le scale creano. Il palazzo dello Spagnuolo o Spagnolo di Napoli può fare questo effetto a chi si sofferma a osservarlo. Costruito nel 1738 per volontà di Nicola Moscati, marchese di Poppano, l’edificio è situato in via dei Vergini, nel quartiere Sanità, di fronte alla chiesa dei Padri della Missione. Il palazzo è generalmente attribuito a Ferdinando Sanfelice, uno degli architetti più creativi del Settecento napoletano. Nei documenti ufficiali del tempo, non vi è alcun accenno a Sanfelice che però è indicato da alcune fonti come autore del progetto. In molti sostengono che l’architetto abbia lasciato in questo palazzo i suoi marchi di fabbrica: la scala frontale e i cinque varchi su tre piani.
A quel tempo il marchese ricevette, in dote dalla moglie, la figlia del barone d’Albanella, due palazzi vicini. Per avere una dimora più sfarzosa e imponente decise di unire i due edifici. Bisogna ricordare che, rispetto al progetto originale, è andato perduto il giardino che si estendeva sul retro del palazzo. Nel 1759 lo Spagnuolo passò in eredità al figlio del marchese, Giuseppe Moscati, che in seguito lo lasciò al successore Nicola. Negli anni, però, la famiglia iniziò a perdere parte delle ricchezze che possedeva, così il tribunale decise di vendere alcuni degli appartamenti dell’edificio ai creditori. All’inizio dell’Ottocento il palazzo fu acquistato da Tommaso Atienza, marito di Donna Anna Maria Pelliccia dei nobili di Tropea.
Il nuovo proprietario era chiamato lo “Spagnolo”, nomignolo che poi fu attribuito all’edificio. Atienza fece realizzare gli affreschi, quasi del tutto perduti, delle sale al piano nobile e al secondo piano, e decise di ampliare ulteriormente il lato destro, facendo costruire un piano aggiuntivo dall’architetto Antonio Pecovaro. Il terzo piano presenta ancora la cornice che delimitava l’antica struttura. Successivamente il palazzo finì nuovamente nelle mani del tribunale che decise di metterlo all’asta. Si susseguirono diversi proprietari fino al 1850, anno in cui l’edificio fu acquistato dalla famiglia Costa. In seguito è stato frammentato in più parti vendute separatamente. Solo due appartamenti all’ultimo piano sono stati acquistati dalla regione Campania.
Diversi lavori di restauro sono stati eseguiti nel 1966 e nel 1980 dopo il terremoto. Mentre nel 1997 lo scultore Augusto Perez comprò uno degli appartamenti nel quale riuscì a recuperare le originali decorazioni. Per lungo tempo i suoi eredi hanno cercato di far realizzare un museo dedicato a Perez all’interno del palazzo, senza però riuscirvi. Così come è non è stato mai portato a termine il progetto di istituire un’esposizione permanente dedicata a Totò. Il palazzo ha invece ospitato, in passato, l’istituto delle guarattelle, marionette di epoca aragonese.
La caratteristica principale dello Spagnuolo è una monumentale scala a doppia rampa, definita ad “ali di falco”. La scala presenta cinque aperture per piano che, ad accezione dell’ultimo, si sviluppano simmetricamente. L’interno e l’esterno sono ornati con decorazioni a stucco in stile rococò realizzate, intorno al 1742, da Aniello Prezioso su disegno di Francesco Attanasio. Le porte di accesso agli appartamenti sono sormontate da stucchi che incorniciano medaglioni con busti-ritratti del primo proprietario del palazzo, il marchese Nicola Moscati.
Fonti
“Napoli e il Sud dell’Italia”, Touring Editore, Milano, 2002
Agnese Palumbo, Maurizio Ponticello, “Il giro di Napoli in 501 luoghi”, Newton Compton editori, 2014
“Napoli e dintorni”, Touring Editore, Milano, 2001