Diverse leggende aleggiano intorno alla figura della regina di Napoli, Giovanna II, figlia di Carlo III di Napoli e di Margherita di Durazzo, meglio conosciuta come Giovanna II D’Angiò-Durazzo o semplicemente come La Regina Giovanna (Zara, 25 giugno 1373 – Napoli, 2 febbraio 1435), famosa per essere una vera e propria cacciatrice di uomini, ritenuta oltretutto “folle”, in riferimento ad alcuni atti compiuti considerati fuori dal comune, sintomo di perdita del senno. Regnò dal 1414 fino al 1435, anno della sua morte. Si dice che il suo fantasma vaghi ancora tra le mura della Rocca di Arquata del Tronto, dove era solita fermarsi per il periodo estivo.
I racconti leggendari, tramandati oralmente, sono per lo più incentrati sulla intricata dedizione ai piaceri sessuali ed alla passione della carne: sposata nel 1415 con Giacomo II di Borbone, aveva frequentato un numero cospicuo ed indefinito di uomini, tra cui giovani ed aitanti popolani, che “riceveva” nella sua alcova, per soddisfare a pieno i suoi desideri senza alcun coinvolgimento affettivo e di cui poi si liberava come nulla fosse, per sperimentare nuove avventure con altrettanti nuovi amanti. Si narra che ai suoi sfortunati amanti fosse riservato un trattamento davvero terribile: all’interno del Maschio Angoino, c’era una botola da cui faceva li lanciava per essere divorati dai mostri marini. Insomma, davvero una “brutta fine”, come si suol dire. Si dice che un coccodrillo, giunto sino al Castello dall’Africa, attraversando il Mediterraneo, fosse il responsabile di tale scempio.
Altre due leggende molto curiose sono invece incentrate sulla distruzione di Satrianum, roccaforte longobarda e sede vescovile, distrutta per sete di vendetta della regina. Si racconta infatti che a causa del rapimento di una bella e giovane dama di compagnia, che la regina intendeva condurre verso Napoli e Salerno, avvenuto proprio nella roccaforte, ne ordinò categoricamente la distruzione: oggi rimane solo qualche rudere e la Torre normanna. C’è da sottolineare però anche un’altra causa scatenante della distruzione: la regina non resse al rifiuto di un baronetto di cui si innamorò, il quale non ricambiava il sentimento perché innamorato di una damigella di corte. Insomma, una gelosia senza eguali.