Da Oplontis a Torre Annunziata. Storia e origini del comune vesuviano
Lug 05, 2015 - Germana Squillace
Plinio il Giovane la definì “pagus suburbanus Pompei” poiché era un sobborgo di Pompei ed era chiamata dai romani Oplontis. Residenza estiva dei patrizi dell’epoca questa fiorente cittadina era scelta soprattutto per i suoi impianti termali. L’eruzione del Vesuvio del 79 d. C. spazzò via Stabia, Ercolano, Pompei e anche Oplontis, alcuni dei siti più fiorenti della Campania Felix. Come conseguenza del cataclisma questo centro fu ricoperto da fango, cenere e lapilli. L’eruzione ha però permesso, in particolare a partire del 1964, di ritrovare diverse testimonianze abitative di epoca romana. Tra le scoperte più importanti la Villa di Poppea, la Villa di Lucio Crasso Tertius e la Villa di Caio Siculi. La prima è stata attribuita, per la presenza di un’iscrizione dipinta su un’anfora, a Poppea Sabina, seconda moglie dell’imperatore Nerone. Al momento dell’eruzione la villa era disabitata a causa del terremoto che era avvenuto nel 62 d. C. e quindi molti elementi tra cui anche colonne e lucerne erano stata accantonati in poche stanze. La seconda villa, chiamata così per un sigillo in bronzo risalente al II secolo a. C., era probabilmente un edificio che si occupava della lavorazione di prodotti agricoli, dell’imbottigliamento e del commercio del vino. Infine la Villa di Caio Siculi, presenta tra numerosi affreschi ritrovati, quello del mito di Narciso ed Eco con lo sfondo del monte Parnaso.
Dopo l’eruzione del Vesuvio, Oplontis, resa sterile da cenere e lava, fu abbandonata per un lungo periodo. Eppure quella stessa cenere che distrusse il territorio, diede vita a una fitta boscaglia chiamata “Silva mala”. A questa zona, si aggiunse con il passare del tempo la cosiddetta “Terra Vecchia”, derivata dal deposito di materiale eruttivo che solidificandosi diede vita a uno strato di roccia tufacea. Questi due poli costituirono quella che oggi chiamiamo Torre Annunziata.
Ma come nasce questo nome? Nel 1319 Carlo d’Angiò donò ad alcuni cavalieri quattro moggia di terra per permettere loro di costruire una cappella in onore della Vergine Annunciata e un ospedale. Con il tempo Annunciata diventò Annunziata. Il prefisso Torre si riferisce probabilmente a una torre di difesa costruita intorno a questo primo nucleo abitativo a ridosso della cappella. Nel 1440, per volere di Alfonso I, un’altra torre fu costruita presso la costa per difendere anche il punto di approdo della città. Questa costruzione fu trasformata dalla famiglia D’Alagno in castello tuttora esistente. Lo stesso Nicola D’Alagno fece costruire la nuova chiesa di Maria Santissima dell’Annunziata annettendovi il convento dei Celestini, ora basilica di Maria Santissima della Neve. L’aspetto di Torre Annunziata fu totalmente stravolto nuovamente dall’eruzione del 1631 che distrusse quasi del tutto sia la zona di Terra Vecchia che il quartiere dell’Annunziata.
La città fu ricostruita quasi subito e vide l’avvio delle fabbriche alimentari, una delle produzioni terziarie più prolifere della regione, oltre alla nascita di un intenso traffico commerciale. Nel 1758 Carlo di Borbone fece costruire anche un fabbrica d’armi. Negli anni compresi tra l’inizio del XIX secolo e l’Unità d’Italia, Torre Annunziata visse un periodo di grande crescita urbana ed economica che continuò fino allo scoppio della crisi dell’industria dell’arte bianca.
Fonti: Cesare De Seta, Alfredo Buccaro, “I centri storici della provincia di Napoli”, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2009
Sergio Rinaldi Tufi, “Pompei. La vita quotidiana”, Firenze, Giunti, 2003