È stato arrestato uno dei presunti responsabili dell’agguato armato avvenuto lo scorso 19 luglio a Torre Annunziata, quando due persone hanno fatto irruzione nel Lido Azzurro armate di pistola e fucile e hanno cominciato a sparare tra i bagnanti, mirando a un uomo che è riuscito a fuggire.
Si tratta un 18enne ritenuto vicino al clan Gionta, è stato bloccato lo scorso 26 luglio: è accusato di tentato omicidio, di strage e di detenzione e porto di armi da sparo, con l’aggravante del metodo mafioso.
Il ragazzo, S. D. A., con precedenti di polizia e legato da vincoli di parentela con affiliati al clan Gionta, è stato individuato grazie alle attività investigative già in corso dei carabinieri del Nucleo Investigativo di Torre Annunziata ed ai successivi accertamenti svolti dai poliziotti della Squadra Mobile di Napoli e del commissariato di Torre Annunziata.
Gli elementi raccolti hanno portato al fermo, emesso il 26 luglio dalla Direzione Distrettuale Antimafia. Il 29 luglio il gip del Tribunale di Torre Annunziata non ha convalidato il fermo, non ritenendo sussistente il pericolo di fuga, ed ha emesso una ordinanza di custodia cautelare in carcere per tutti i reati contestati ed escludendo l’aggravante del metodo mafioso soltanto per il delitto di strage.
Secondo le ricostruzioni degli inquirenti il 18enne avrebbe avuto una discussione per futili motivi con uno dei bagnanti e sarebbe stato durante quel diverbio che l’uomo gli avrebbe rivolto “uno sguardo di sfida”.
Il giovane avrebbe quindi organizzato rapidamente il blitz, con l’aiuto di un complice che al momento resta da identificare. I due, tornati con una pistola e un fucile, come raccontato da diversi testimoni non si sono fatti scrupolo di sparare tra la folla di bagnanti, col rischio di ferire anche estranei che si fossero trovati sulla traiettoria di tiro; il reale obiettivo, invece, era riuscito a scappare e a mettersi in salvo.
“Da già diversi anni sono abbastanza chiare le nuove dinamiche della criminalità di cui, in molti casi, a prenderne le redini sono dei giovanissimi i quali, agendo senza precise strategie, puntano tutto su l’intimidazione, la paura e la violenza. Rischiano di compiere stragi solo per uno sguardo di troppo, sparano in luoghi pubblici affollati, fanno ‘stese’ indirizzando colpi alle finestre delle abitazioni. Una follia criminale tipica di una nuova generazione di camorristi che non teme per la propria vita (anzi morire giovani per loro vuol dire assicurarsi un posto nella ‘hall of fame’ della malavita) e quindi, di conseguenza, non ha rispetto per quella altrui.
È indispensabile presidiare tutti i luoghi pubblici più a rischio, ma per farlo occorre implementare il numero di genti sul territorio così come era stato promesso a più riprese dal Ministro dell’Interno, parole a cui sono seguiti zero fatti. È altrettanto importante, se non maggiormente, risolvere il problema alla radice e cioè togliere soldati, manovalanza e potenziali nuovi capi ai clan. I minori che vivono in ambiente criminali devono essere allontanati dalle famiglie in modo da poter ricevere nuove e diverse opportunità di vita, di studio, di lavoro e di essere ‘ripuliti’ da quell’educazinei ai disvalori della malavita.”- queste le parole del deputato dell’alleanza Verdi-Sinistra Francesco Emilio Borrelli.