Crispino del Polo Artistico Torrese: “Abbiamo bisogno di recuperare le nostre radici”
Ott 27, 2017 - Luisa Panariello
Il commissariamento del nostro Comune è un dato di fatto gravido di conseguenze, che ha messo in luce varie mancanze e problematiche reiterate nel tempo: in attesa delle prossime elezioni abbiamo fatto il punto delle criticità e delle esigenze cittadine interpellando i presidenti delle più significative associazioni della città.
Con il loro impegno a tutela e a servizio di vari settori non sono semplici cittadini ma profondi conoscitori del territorio, dell’identità e dell’operato delle varie amministrazioni che si sono avvicendate e hanno messo a nostra disposizione la loro esperienza e la loro preparazione aiutandoci a mettere in luce problemi e possibilità. Primo fra tutti Antonio Crispino, presidente del Polo Artistico Torrese, punta di diamante dell’associazionismo cittadino: con lui parliamo di vivibilità, cultura, tradizione e, soprattutto, innovazione.
–Antonio, come nasce il Polo Artistico?
–Dalla volontà di creare un punto di aggregazione giovanile per chi fosse impegnato in ambito artistico e culturale, noi fondatori, in prima persona impegnati nel teatro e in campo musicale, ci siamo seduti a un tavolino e così per gioco abbiamo creato quest’associazione. A me venne questo nome un po’ ambizioso, un po’ pretestuoso forse…” Polo Artistico Torrese”. All’inizio la nostra sede era il Teatro dell’Arte che ora non esiste più, siamo partiti con incontri, mostre. Man mano siamo riusciti ad aggregare sempre più persone anche attraverso le prime rassegne teatrali, i concerti, le jam session. Negli ultimi anni, al di là della produzione artistica, ci siamo focalizzati anche su idee di altra natura, di sviluppo cittadino, che è quello di cui Torre del Greco ha più bisogno: un progetto di sviluppo più ampio, artistico, culturale, sociale e poi economico.
–Quali sono i punti focali di un possibile sviluppo a centottanta gradi?
–Il turismo. Investire sul turismo significa innanzitutto potenziare i servizi, il che comporta un beneficio anche per i cittadini.
In prospettiva, l’operato di un’amministrazione si misura anche in base alle assunzioni che fa: quando si assumono figure professionali che già ci sono e non si investe su figure con una preparazione in marketing territoriale, è evidente che non si voglia alimentare il turismo. I paesi limitrofi stanno iniziando a muoversi: noi siamo fermi all’anno zero. Abbiamo estremo bisogno di recuperare le nostre radici: la Festa dei Quattro Altari deve essere la prima tradizione che l’amministrazione, di destra o di sinistra che sia, deve ripristinare. Ha tutte le potenzialità per essere l’evento clou del nostro turismo, è già rinomata, si tratta solo di ridarle smalto. Ma per immettersi sul mercato turistico non bastano iniziative aleatorie e brochures, occorre fare sistema.
Dovrebbe esistere una delega ai Beni Culturali, anche solo per fare un vademecum delle nostre bellezze e di come usufruirne. E per creare un archivio storico uniforme della nostra memoria, perché un popolo senza memoria, sarà sempre un passo indietro. Per dare valenza turistica alla festa basta immetterla sul mercato come una tre giorni: tre giorni ben delineati, la programmazione ovviamente va preparata un anno prima. Promuoverlo poi alle varie fiere e mostre internazionali del turismo con l’ausilio dei professionisti del settore, che vanno a promuovere sè stessi per mestiere e sanno come sponsorizzare un evento così. Si tratta di inizative che non hanno un costo elevato, si tratta solo di creare una filiera istituzionale. Si parte con l’attirare i turisti su tre giorni, e da lì poi si vede. Tra l’altro qui ci sono moltissimi ostelli ed alberghi. A Torre si risparmia sul cibo e sul pernottamento.
Molti turisti pernottano qui, poi si mettono in treno e vanno a Sorrento o a Napoli. O molti preferiscono partire zaino in spalla senza affidarsi a tour operator, preferiscono girare,sperimentare. Noi dobbiamo essere capaci di cavalcare questo enorme flusso turistico ci Napoli per farli restare qui almeno per una sera. Incuriosirli prima che ripartano per Napoli o la Costiera, fare in modo che non restino per convenienza ma perchè anche qui hanno trovato qualcosa da ammirare, con servizi adeguati. La parola chiave è igiene urbana. La prossima amministrazione dovrebbe spalleggiare i commercianti, veicolare le Politiche e i fondi giovanili sulle start-up commerciali. Qui non abbiamo un Ufficio Turismo, una mancanza enorme.
–E’ difficile fare rete a Torre del Greco?
-Il tessuto associativo torrese è molto particolare, esiste un grande individualismo. Dipende anche dalla latitanza delle istituzioni. Quando si trova un punto di incontro su un’idea, sulla progettualità, diventa più semplice. La nostra associazione per esempio è diventata ciò che è facendo da collante tra vari artisti, soprattutto musicisti: artisti che magari si conoscevano ma non si erano mai incrociati artisticamente, sono incontrati da noi e poi hanno creato un connubioc he dura ancora oggi. Il bello è che però ci ritroviamo e nonostante l’impegno esterno continuiamo a portare avanti insieme una mission più sociale.
Adesso siamo impegnati con Il progetto Benessere Torre, una rete vasta che impegna le scuole.
-Rilancio turistico, servizi ed igiene urbana, ripristino di una memoria collettiva. Quale potrebbe essere il primo passo concreto per realizzarli?
-L’istituzione di una Fondazione di Partecipazione. Si tratta di una struttura leggera più flessibile di una fondazione vera e propria, che prevede un ampio numero di fondatori senza il bisogno di investire un ingente patrimonio fin dall’inizio. Lo scopo non può essere modificato, il patrimonio è a destinazione aperta e soprattutto si tratta di un ente che per sua natura ha una finalità operativa e persegue uno scopo di pubblica utilità. Non essendoci una disciplina specifica, le competenze e i progetti possono riguardare vari ambiti in cui la città può aver bisogno,con un CTA al cui interno le cariche non durano a vita. Si possono coinvolgere tra i fondatori le associazioni di categoria, la Regione, il Comune, i maggiori rappresentanti del territorio torrese, la Scab, la partecipata regionale per la protezione del turismo. Si crea una struttura sovracomunale con una propria autonomia, in cui figurino anche componenti dell’amministrazione, ma il cui presidente resti indipendente dalla politica. La fondazione permette di accedere a fondi a cui Il comune non può accedere, a bandi a cui il comune non accede. Un’entità che tenga conto del Comune ma se ne mantiene indipendente, e persegue una mission di natura culturale e di sviluppo. Ma l’azione di un singolo non basta, anzi può svilirne il senso, può sembrare un tornaconto personale: l’ideale sarebbe che l’iniziativa partisse dal Comune che investe il capitale iniziale e da il via alla formazione del Cta coinvolgendo altri operatori. Il numero dei componenti può essere ampliato nel tempo.