Il dottor Ciro Borriello smentisce le intimidazioni denunciate da noi di VesuvioLive nei confronti di un nostro giornalista presente, lunedì 29 maggio, all’esterno del comitato dell’ex candidato sindaco. In particolare, abbiamo scritto di come alcuni soggetti abbiano fatto pressioni sul cronista affinché interrompesse le registrazioni. Pubblichiamo dunque, per correttezza e dovere di cronaca, la replica di Borriello, facendo però delle precisazioni nel merito di quanto da egli affermato.
Ciro Borriello ha commentato affermando: “Ho appreso solo nelle ultime ore della pubblicazione di tale articolo e sono rimasto sconcertato e deluso. Durante tutti i miei mandati politici ho sempre mostrato grande disponibilità nei confronti dei giornalisti e mi sono sempre impegnato a per garantire la massima libertà di stampa. D’altronde, durante lo spoglio dell’ultimo ballottaggio c’erano anche altri giornalisti all’interno del mio comitato elettorale, peraltro senza badge o tesserini di riconoscimento, e hanno regolarmente e tranquillamente ripreso le reazioni del sottoscritto e di chi era presente senza la minima difficoltà, come testimoniano i filmati pubblicati su varie testate giornalistiche praticamente in presa diretta”.
Innanzitutto, il testo del nostro articolo di denuncia è chiaro nel precisare che le intimidazioni sono avvenute non all’interno del comitato, ma all’esterno. Il locale che ospitava il comitato era infatti troppo angusto e, per questo, la soluzione migliore per il lavoro che intendevamo svolgere era quella di metterci all’esterno. VesuvioLive ha trasmesso infatti una diretta dai propri studi a partire dalle ore 13.30 del 29 maggio: in redazione erano presenti due giornalisti che intervistavano personalità della città di Torre del Greco, mentre due inviati presso i comitati dei candidati sindaci avevano il compito di mandare dei contributi.
Nell’articolo non abbiamo scritto che le intimidazioni sono avvenute ad opera del dottor Ciro Borriello, da membri del suo staff o candidati consiglieri. Abbiamo scritto i responsabili disturbavano il nostro giornalista e, testualmente, “si posizionavano di fronte al cellulare che era in posizione fissa e gli intimavano di non filmarli anche se in realtà erano loro che passavano davanti alla fotocamera. “Chi sei?”, “cosa ci fai qua?”, “devi spegnere tutto, non puoi riprendere” – il tutto con toni minacciosi ed una cadenza idonea a far comprendere che non stava avendo a che fare con elementi di spicco della buona società“.
Borriello, che si trovava all’interno, smentisce perciò una circostanza alla quale non ha assistito e di cui siamo proprio noi a metterlo al corrente. Non pretendiamo che la nostra parola sia accolta alla stregua delle Sacre Scritture, tuttavia al posto di una smentita categorica, senza se e senza ma, probabilmente sarebbe stato più sensato cercare di approfondire la questione. Forse sarebbe stato più saggio dissociarsi, pur con la riserva di verificare il tutto. Ma non abbiamo assolutamente la pretesa di suggerire pensieri né azioni, né di invitare qualsiasi persona che faccia politica a fare ben attenzione alle persone che lo circondano. D’altra parte, perfino Gesù ebbe un traditore tra i suoi discepoli.
La comunicazione di smentita di Borriello prosegue infine così: “Sono rimasto poi colpito dalla definizione lombrosiana utilizzata dall’articolista per “identificare” i responsabili delle presunte, e a mio parere inesistenti, minacce al giornalista: ‘brutte facce’. Ritengo si tratti dell’ennesima, e spero ultima, offesa registrata durante l’ultima campagna elettorale”.
Prima di tutto, ci dispiace se il nostro articolo sia stato percepito come un’offesa verso la persona del dottor Borriello. Ribadiamo però come nella descrizione di quanto accaduto non vi sia mai un’attribuzione di colpe o azioni a lui personalmente. I destinatari della nostra denuncia sono evidentemente altri soggetti.
In merito alla definizione di “brutte facce”, definita lombrosiana, dobbiamo prima di tutto evidenziare l’utilizzo delle virgolette che suggeriscono un’utilizzo non letterale dell’espressione. Un uso perfettamente consentito e lecito nella Lingua Italiana. Alla voce virgolette del sito internet dell’Enciclopedia Treccani si legge infatti che esse possono essere usate “per mettere in evidenza una parola con un significato particolare, spesso figurato o ironico”.
Non è nostra intenzione fare lezioni di Italiano, non è il nostro mestiere e non sappiamo neanche farlo. Tuttavia la comunicazione deve avvenire necessariamente attraverso delle convenzioni, ossia mediante le lingue che hanno delle regole grammaticali. Nel definire quelle persone “brutte facce” non volevamo, è palese, dire che erano di aspetto sgradevole o presentavano particolari tratti del volto (come avviene nella teoria lombrosiana citata dal dottor Borriello), ma far intendere che si trattava di persone con determinati modi di fare. Un’espressione che, al contrario, è stata colta nella sua vera essenza da numerosissimi cittadini che sia sui social che dal vivo hanno confermato la nostra impressione.