La guerra che sta devastando Gaza fa arrivare i suoi rombi di distruzione anche nelle pacifiche strade occidentali: a Torre del Greco, da alcune settimane, sono comparse delle scritte su diversi segnali stradali del centro cittadino.
Un conflitto che è ritornato a tener banco sulle prime pagine mondiali a partire dal 7 ottobre scorso, quando l’azione organizzata del gruppo palestinese Hamas ha portato alla morte di 1.200 persone tra militari e civili sul territorio israeliano. In risposta è arrivata la violentissima azione militare dello stato ebraico che ha messo a ferro e fuoco la striscia di Gaza, un’area grande circa 3 volte la città di Napoli, nella quale vivono oltre 2 milioni di esseri umani: si tratta di una “prigione a cielo aperto“, com’è stata definita da diversi organismi umanitari internazionali, confinante solo con Egitto ed Israele e tenuta in condizioni di isolamento e difficoltà a reperire materie prime, energia e medicinali.
Sarebbe meglio dire “si trattava”: perché nelle ultime settimane, la striscia di Gaza è stata quasi rasa al suolo. Bombardati indiscriminatamente edifici civili, ospedali e scuole: il bilancio dei morti supera quello di 22.000 vite umane spezzate, tra le quali circa 8.000 bambini. Si tratta di stime, ovviamente, vista la difficoltà a reperire informazioni certe in un contesto del genere. Gli stessi organi di informazione sono stati oggetto di minacce e perdite umane: sarebbero 80 i giornalisti morti a Gaza nelle ultime settimane.
In un contesto del genere è complesso etichettare vittime e carnefici con leggerezza: lo stato israeliano, dal 1948, ha gradualmente divorato porzioni di territorio alla Palestina, ridotta ad un fazzoletto di terra dai confini indefiniti. E fomentando, con questo atteggiamento, intere generazioni alimentate dall’odio verso un nemico ampiamente supportato dal potere occidentale. Ciò ha favorito la nascita di gruppi paramilitari molto potenti, a tal punto da prendere il controllo di intere porzioni di territorio.
La questione mediorientale ha da sempre diviso anche l’opinione pubblica occidentale: dal giorno del contrattacco israeliano si sono infatti moltiplicate le manifestazioni di appoggio al popolo palestinese in tante città europee ed americane, dagli USA all’Olanda, dalla Germania al Regno Unito, fino a Napoli, dove sabato 13 dicembre piazza Municipio si è riempita di lapidi in memoria dei bambini palestinesi morti nel conflitto.
Manifestazioni che hanno risvegliato le coscienze sulla necessità di porre fine al conflitto armato in Medioriente e sul diritto dei popoli a vivere in pace e liberi dalla paura. Ma che stanno anche generando grandissima sfiducia nei confronti dei media tradizionali: colpevoli, secondo gran parte del pubblico, di comunicare una verità edulcorata e filtrata da volontà politiche. Basti leggere i commenti di assoluta critica che inondano i social dei principali organi d’informazione nazionali.
Così, gli echi di guerra stanno valicando il Mediterraneo per giungere tra le nostre strade: una contestazione non soltanto limitata alle grandi città ma anche a centri relativamente piccoli come Torre del Greco, dove questi timidi tentativi di esprimere voci fuori dal coro si stanno cominciando a fare spazio.
Parallelamente, sta nascendo l’idea da parte di alcuni attivisti indipendenti di organizzare manifestazioni di protesta e flash mob per la Giornata della Memoria di sabato 27 gennaio: in quella data si commemorano le vittime ebree della furia nazifascista, ma quest’anno la ricorrenza assume tutt’altro aspetto. A scorrere le pagine dei quotidiani, infatti, pare che la vittima sia divenuta troppo simile al suo vecchio carnefice: segno che la storia è ottima maestra, ma spesso ha a che fare con pessimi alunni.