“Maiale vattene”: presunte offese all’ex presidente della Turris Colantonio, caso definitivamente archiviato


Si chiude con un’archiviazione il procedimento penale a carico di Pasquale Brancaccio, ex presidente del Consiglio Comunale di Torre del Greco, accusato di diffamazione ai danni di Antonio Colantonio, presidente onorario della SS Turris Calcio. Il Giudice per le Indagini Preliminari, Dott. Riccardo Sena, ha accolto la richiesta del Pubblico Ministero, rigettando l’opposizione presentata dalla parte offesa e disponendo la restituzione degli atti.

Pasquale Brancaccio accusato di diffamazione ai danni di Antonio Colantonio, caso archiviato

Il caso ha avuto origine da una denuncia-querela sporta da Colantonio, che lamentava una serie di post diffamatori pubblicati da Brancaccio sul social network Facebook.

Secondo l’accusa, l’indagato avrebbe ripetutamente offeso il presidente della Turris, definendolo “maiale” e “imbroglione” in vari interventi online.

Tuttavia, il GIP ha ritenuto che non vi fossero elementi sufficienti per identificare con certezza Colantonio come destinatario delle offese, né per configurare il dolo necessario al reato di diffamazione, previsto dall’art. 595, comma 3 del codice penale.

Il Pubblico Ministero aveva inizialmente richiesto l’archiviazione, evidenziando tre punti principali: l’impossibilità di identificare con certezza l’autore dei post, poiché Facebook non fornisce dati sugli accessi per reati come la diffamazione; l’assenza di dolo, con le espressioni interpretate come uno “sfogo” piuttosto che un’intenzione diffamatoria; e la mancanza di riferimenti chiari al soggetto offeso.

Colantonio si era opposto, sostenendo che l’identità di Brancaccio fosse inequivocabile grazie alle foto associate al profilo e che le indagini della Polizia di Stato, condotte dal dirigente dr. Centoletti, avessero confermato lui come bersaglio delle offese.

Il GIP, tuttavia, ha condiviso le valutazioni del PM. “I post pubblicati da Brancaccio, contenenti espressioni come ‘maiale’ o ‘maiale vattene’, non indicano alcun soggetto specifico,” si legge nell’ordinanza. “L’unico riferimento è alla squadra della Turris, ma ciò non basta a individuare con ragionevole certezza il destinatario.” Il giudice ha richiamato la giurisprudenza della Cassazione, secondo cui l’identità della persona offesa deve emergere chiaramente dal contesto dell’offesa, senza ricorrere a congetture o intuizioni soggettive.

Un elemento chiave del procedimento è stato il post del 31 gennaio, in cui Brancaccio aveva allegato fotografie. Tuttavia, anche in questo caso, il GIP ha ritenuto che i dubbi sull’identità del destinatario non fossero dissipati, sottolineando che l’individuazione del soggetto passivo non può dipendere esclusivamente dalle indagini, ma deve derivare dalla stessa prospettazione dell’offesa. Inoltre, la risposta evasiva di Brancaccio a un commento (“non saprei”) è stata interpretata come un segnale di assenza di intento diffamatorio mirato.

Il difensore di Brancaccio, l’avv. Polese, ha sostenuto la richiesta di archiviazione, depositando una memoria che ha contribuito alla decisione finale. Il giudice ha anche escluso la rilevanza di commenti diffamatori di terzi presenti sotto i post, precisando che Brancaccio non può essere ritenuto responsabile per condotte altrui.

Con questa pronuncia, il procedimento viene archiviato, e gli atti tornano al Pubblico Ministero per gli adempimenti di rito. Una vicenda che evidenzia le complessità della diffamazione sui social network, dove l’individuazione dei responsabili e delle vittime richiede prove inequivocabili, spesso difficili da ottenere in un contesto digitale.


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