Ad oggi, recarsi al centro commerciale, perdersi tra gli scaffali promozionali di grandi catene o scegliere con attenzione quasi chirurgica un capo di alta moda nella Napoli bene, è una routine radicata all’interno della vita di tutti i giorni. Lo shopping napoletano, così come lo conosciamo noi affonda le sue radici nell’800, secolo in cui la Rinascente ha trasformato profondamente il concetto di moda. Nel XIX secolo, avere un sarto personale era un benefit irrinunciabile per il nobile napoletano: abiti su misura altamente personalizzati, stoffe rigorosamente vergini e ben lontane dai materiali sintetici che abbondano tra le attuali vetrine.
Nobiluomini e dame solevano dare sfoggio dei loro capolavori di alta sartoria tra le vie allora adorne di architetture liberty neonate. Un sistema elitario presto sdoganato dall’avvento dei grandi magazzini, prodotto squisitamente francese ben presto attecchito nel Belpaese con prodotti come “Mele” e “Alle città d’Italia”, ribattezzata poi da Gabriele D’Annunzio “la Rinascente”, il gioiellino dei fratelli Bocconi concepito a Milano e successivamente introdotto nelle principali città italiane. Si dà inizio ad un processo di democratizzazione della moda, attraverso il capo confezionato di grande tendenza reso più accessibile rispetto al passato.
La domanda sorge spontanea: la Rinascente ha mutato il concetto stesso di moda e di accessibilità alla stessa, è giusto aver lasciato che l’insegna svettante sulla storica via Toledo sparisse, salutando questa città?