Continuano le iniziative identitarie a Pompei, la città degli Scavi Archeologici, della Madonna e, sempre di più, dei Briganti. Nel giugno del 2014 il sindaco Ferdinando Uliano aveva festeggiato la vittoria alle elezioni indossando la coccarda rossa, simbolo dei partigiani del Regno delle Due Sicilie che combatterono contro la ferocia delle truppe piemontesi a partire dal 1860. In quell’occasione fu Aniello Sicignano, identitario e amico del sindaco, ad apporre la coccarda sul petto di Uliano, conoscitore della storia del Mezzogiorno e della vera e secolare identità meridionale, spesso taciuta e liquidata dalla storiografia ufficiale.
L’iniziativa della posa di un monumento ai Briganti appartiene al comitato Pro onore ai caduti meridionali, il quale ha fatto realizzare un cippo marmoreo per onorare la memoria di donne, uomini, bambini e sacerdoti uccisi perché difendevano la propria Terra e che, come scrisse Antonio Gramsci, “scrittori salariati tentarono di infamare con il marchio di briganti”. Tutt’altro che delinquenti, dunque.
Se il Comune decidesse di patrocinare l’iniziativa si tratterebbe di una scelta senz’altro coraggiosa, che probabilmente esporrebbe l’amministrazione a comunale a critiche, anche feroci, ma cieche visto che i crimini contro la popolazione del Sud sono ormai sempre più riconosciuti anche dagli “storici ufficiali”. Dalla rilettura critica e lontana dalla propaganda risorgimentale delle fonti, comprese le relazioni parlamentari firmate da chi combatteva il “brigantaggio”, ammettendo tuttavia i crimini delle truppe piemontesi, emerge un racconto fatto di sangue ed orrore che non si può più ignorare.
Il comitato ha chiesto al Comune di Pompei il patrocinio per tale iniziativa, inviando questa lettera a Pietro Orsineri, assessore alla cultura:
«Gent.mo Pietro Orsineri
Ass.re alla Cultura, Palazzo di Città — Pompei
Noi sottoscritti, rappresentanti del comitato “Pro onore ai caduti meridionali”, chiediamo all’amministrazione comunale di Pompei il patrocinio per la posa di un cippo marmoreo, seguita, in serata, da uno spettacolo di musica popolare e contadina, affinché siano ricordati coloro che sono passati alla storia con il nome di “briganti”.
Essi erano lavoratori, donne, sacerdoti e bambini, che in un determinato periodo storico (1860-1870), stanchi di soprusi, pur sapendo di andare incontro alla morte, hanno combattuto e sofferto per contribuire alla costruzione di un Paese migliore. Non sono pochi gli storici che tendono sempre più a rivisitare quegli accadimenti e violenze inaudite, a riconoscere la dignità morale con la quale tanti uomini coraggiosi si batterono e dettero la vita per la causa napoletana.
La storia di tutti i Paesi del mondo, ogni volta che si trova di fronte a nuove documentali, rivede se stessa, procede alle opportune revisioni e si aggiorna senza fare drammi! La storia d’Italia è costellata di avvenimenti mai chiariti e di inesattezze: molti studiosi ricordano che la relazione parlamentare Massari sul brigantaggio fu seguita da spari, dopo la lettura in seduta segreta in Parlamento; fu pure vietato agli stessi deputati di consultare i relativi atti e di prendere appunti su quelle migliaia di uccisioni nel meridione!
Chiese profanate e spogliate di doni centenari; migliaia di contadini, incolpevoli abitanti di piccoli paesi, decapitati o arsi vivi! Sacerdoti torturati a morte per sadismo, sgozzati o strozzati; infermi seviziati con coltelli e fatti a pezzi; giovani fucilati da plotoni di esecuzione dopo processi sommari; donne violentate e sventrate con la baionetta davanti all’altare, esposte nude con le mani mozzate fuori alle abbazie e agli angoli delle strade! Le fucilazioni di massa divennero una pratica quotidiana! Mai fu redatta alcuna statistica di tanti fatti di lascivia! Nessuno doveva sapere! Da oltre un secolo e sugli sconfitti, come accade sempre in questi casi, è sceso un silenzio impenetrabile, ma è giunto il momento che la verità storica lo rimuova! A quei combattenti chiamati briganti, che, in verità, rappresentano gli emarginati di sempre, bisogna dare onore e rispetto! Il comitato promotore nel ringraziare per quanto si potrà fare, resta in fiducioso».
La lettera è stata firmata da sette cittadini pompei, che qui riportiamo in ordine alfabetico: Giuseppe Artuso, Magda Balzano, Lelio Marinò, Alessandro Palumbo, Giovanni Precenzano, Aniello Sicignano, Armando Vangone.