Pomodori industriali a rischio contaminazione chimica, arrivano le linee guida dell’Anicav per le coltivazioni in provincia di Napoli e Caserta: “Se i prodotti non superano il test, devono essere ritirati”. Quello appena approvato dall’Associazione Nazionale Industriali per le Conserve Alimentari Vegetali e i produttori locali è un vero e proprio codice a tutela della sicurezza del consumatore e delle tavole. Si tratta di linee guida grazie alle quali valutare il rischio di contaminazione chimica del pomodoro da industria coltivato nelle province di Napoli e Caserta e, in caso di test negativo, eventualmente ritirarlo dai siti di trasformazione.
Il testo prevede procedure sempre più stringenti per i produttori agricoli e le aziende conserviere, che dovranno effettuare verifiche serie per rassicurare i consumatori sulla genuinità delle conserve vegetali e a tutelare un prodotto, come il pomodoro campano, da decenni considerato un’eccellenza del Made in Italy. “Il processo di valutazione descritto nelle Linee Guida porterà a un giudizio finale sulla conformità dei siti produttivi e sull’idoneità del pomodoro ad essere trasformato. Se non risulteranno soddisfatti tutti i requisiti descritti nelle Linee Guida – avvertono dall’Anicav – il pomodoro non sarà destinato ai siti di trasformazione”.
I controlli si effettueranno sul prodotto fresco, in particolare sulle bacche di pomodoro, in tutti i siti produttivi delle province di Napoli e Caserta e si affiancheranno alle analisi dei terreni e delle acque previste dalla Direttiva sulla Terra dei Fuochi del 23 dicembre 2013. Tre le fasi: l’identificazione dei pericoli, la valutazione dell’esposizione e infine la caratterizzazione del rischio. “La prima fase prevede il monitoraggio analitico dei contaminanti piombo e cadmio, che rappresentano quei metalli pesanti, che possono entrare nella catena alimentare attraverso i vegetali che li accumulano nelle parti eduli per assorbimento radicale, e il cui accumulo nelle bacche di pomodoro può essere pericoloso per la salute umana – proseguono dall’Anicav – La valutazione dell’esposizione esclude i siti produttivi che potrebbero presentare rischi dovuti alla loro particolare posizione o che, pur rispettando i principi ambientali e agronomici della coltivazione, evidenzino modi e pratiche lesive per la salute delle persone impegnate nell’attività agricola. La caratterizzazione del rischio prevede una attenta analisi per ogni pericolo identificato, che attraverso l’attribuzione di un valore, porterà alla determinazione del livello di rischio, in correlazione con l’ambiente circostante”.