L’8 marzo le mimose e le manifestazioni femministe non mancano mai. Una domanda però sorge spontanea: oggi si può finalmente parlare di parità tra i sessi? Ci dispiace deludere quelli che “ormai hanno più diritti di noi… divorzia e ti prendono tutto”, ma sul piano lavorativo molti gap tra uomini e donne vi sono ancora.
Il dislivello più grande lo si ha con i salari. Le donne (e in particolare al Sud) continuano a guadagnare meno dei loro colleghi uomini, a parità di orari e condizioni. Secondo la piattaforma tedesca Honeypot, il cosiddetto Gender pay gap italiano (differenza salariale tra i sessi) si aggira intorno al 5,5%. Qualcuno un po’ più informato potrebbe dire: “sì, ma non è niente rispetto al 19% del Regno Unito, al 18% circa degli Stati Uniti, al 15,8% della Francia e al 15% della Spagna”. Le cose non vanno proprio così.
La professoressa dell’università di Pavia Luisa Rosti, intervistata dal Sole 24ore, spiega come questo indicatore non sia abbastanza preciso. La differenza nella retribuzione media oraria rappresenta solo una parte della disparità di retribuzione complessiva tra uomini e donne. Se si facesse invece riferimento alla retribuzione media annua, il differenziale si allargherebbe per il minor numero di ore lavorate della componente femminile. E il differenziale si allarga in misura anche maggiore se consideriamo il basso tasso di occupazione delle donne in Italia. In altri termini, la fascia oraria ristretta e il tasso di disoccupazione fanno sì che il gap aumenti.
In Italia infatti la materia dei congedi è regolata in modo differente. Dopo un periodo di incertezza legislativa, la legge di bilancio 2019 ha introdotto un congedo di paternità obbligatorio di 5 giorni (pochissimo rispetto ai 5 mesi spagnoli!), corrisposto con circa l’80% dello stipendio. Inoltre vi è un congedo parentale facoltativo che può essere utilizzato da ambo i genitori se lavoratori, con una retribuzione pari al 30% dello stipendio fino agli 8 anni del figlio. Qui entra in scena la discriminazione. Dato che le donne guadagnano in media di meno, a doversi assentare dal posto di lavoro saranno sicuramente le madri. Così la decurtazione dal reddito sarà meno grave. Sembra così che il problema resti, al di là degli interventi del Governo.
A prescindere dai dati che ci tocca constatare, la cosa che crediamo sia peggiore è la poca attenzione dell’opinione pubblica sul tema. Durante la Festa della donna vi si accenna, ci si gira intorno e poi più nulla. Nelle altre nazioni civili invece, la differenza salariale e altre discriminazioni di genere sono argomenti all’ordine del giorno, in molti casi addirittura superati brillantemente. Cosa abbiamo noi che non va?
Fonti:
– Il Sole 24ore;
– Istituzioni di diritto del lavoro e sindacale, M. Esposito, L. Gaeta, R. Santucci, A. Viscomi, A. Zoppoli, L. Zoppoli.