Gli italiani sono più soddisfatti per le proprie condizioni di vita. E’ quanto emerge dal nuovo report dell’Istat in riferimento alla condizioni economiche e sociali delle famiglie italiane. Dai 14 anni a salire, da Nord a Sud i dati indicano un incremento positivo rispetto al 2018 sebbene venga confermata la storica sperequazione tra le due aree geografiche del nostro Paese.
Gli indicatori riguardano sia le condizioni economiche personali e familiari ma anche le relazioni interne al nucleo che nella società:
E’ alto e stabile il livello di soddisfazione al Nord (46,7%) ma i numeri mostrano un rialzo anche nelle regioni del Sud che restano fanalino di coda con il 39,2%, il Centro si attesta oltre il 42%. Il Mezzogiorno fa comunque un grande balzo in avanti di ben 4 punti percentuali. Si riduce il divario tra Nord e Sud per quanto riguarda le relazioni familiari e amicali toccando percentuali praticamente uguali intorno all’82%.
In linea generale la situazione economica e occupazionale determina più degli altri indicatori il livello di soddisfazione. Non è un caso che i territori del Nord-Est siano tra quelli con le percentuali più alte. In quelle aree i dati sulla disoccupazione sono tra i più bassi d’Italia e il livello di ricchezza è superiore al resto del Paese. Dati che si allineano a quelli pubblicati qualche giorno fa dall’Istat, dove i comuni delle regioni settentrionali riescono a spendere di più rispetto agli per la spesa sociale.
Segnali però incoraggianti per il Meridione che sembra leggermente meno afflitto nonostante il confermato e persistente dualismo Nord-Sud. In particolar modo i giovani studenti e le donne occupate sembrano più fiduciose e soddisfatte del proprio tenore di vita.
Dati che ancora una volta confermano quanto la capacità di investimento economico in determinate aree sia poi fondamentale per il benessere soggettivo dei cittadini. Rimane dunque di grande attualità l’ultimo rapporto Eurispes nel quale si ribadisce sostanzialmente due cose: l’economia del Settentrione dipende largamente dai mercati aperti nel Mezzogiorno e che dal 2000 al 2017, lo Stato ha sottratto al Sud ben 840 miliardi, dirottandoli al Centro-Nord.