Papa Francesco paragona il coronavirus a una tempesta. Nel corso della preghiera delle ore 18, da una deserta e surreale Piazza San Pietro, il papa punto il dito sulle abitudini di una società abituata a vivere negli agi, lontana dalla povertà, dagli stenti, dalla guerra ed indifferente alle tragedie in corso nel mondo. Una società che si illudeva di essere sana in un mondo malato, che ha dimenticato le lezioni degli anziani, i quali hanno conosciuto carestie, fame, i conflitti mondiali.
L’emergenza coronavirus è una tempesta che ha scosso la società occidentale, ricordandole che nulla va dato per scontato. Per papa Francesco è la fede che, in questo momento panico, può aiutare a superare la crisi ricordando di ridiventare umani. Così come nel Vangelo, dove è raccontato di quando Gesù placò il mare in tempesta, così la preghiera ed il Signore possono calmare la tempesta degli animi in queste ore dove tutto sembra naufragare. Un’umanità che può uscire da questo momento di dolore soltanto se si unisce e rema tutta nella stessa direzione.
A prescindere dai contenuti di caratteri religioso, quella di papa Francesco è un’analisi lucida e profonda della malattia del mondo occidentale: tutti diamo per scontato il poter mangiare ogni giorno più volte al giorno, vivere al riparo in una casa, ricevere cure, avere degli svaghi, dedicarsi a cose superflue. Anche da laici non si può non essere d’accordo. In tante parti del mondo non è così, flagellate da guerre, epidemie, fame: per troppo tempo siamo stati indifferenti a queste tragedie e il coronavirus mette in evidenza i limiti di una società malata, egoista, indifferente che ha penso la propria umanità.