San Gennaro è difficile da spiegare a chi non è napoletano, proprio come è impossibile spiegare Napoli stessa a chi non sente di averla nel sangue. Il “miracolo”, più propriamente prodigio, dello scioglimento del sangue avviene tre volte l’anno, ma la data più attesa è certamente quella del 19 settembre, quando migliaia di persone si affollano all’interno ed all’estero della Cattedrale partenopea per ammirare le ampolle contenenti il sangue del martire.
Per cercare tuttavia di comprendere il significato profondo del legame tra San Gennaro ed i napoletani bisogna andare oltre il miracolo, oltre la buona sorte che sta a significare la liquefazione che ad oggi la scienza non è in grado di spiegare, eppure ci ha provato. San Gennaro non è fede, non è religione, non è superstizione. San Gennaro è l’emblema di un popolo che sanguina da quasi tremila anni, ma che conosce la felicità. Senza di Napoli lui non sarebbe lo stesso, senza di lui i napoletani non sarebbero gli stessi. Per accogliere Napoli bisogna accogliere San Gennaro; chi lo rifiuta, rifiuta Napoli.
“San Gennà, futtetenne”. Questa scritta apparve in tutte le strade della città quando Roma decise di togliergli la memoria liturgica e renderla facoltativa, una sorta di declassamento ai quali i partenopei reagirono con ironia e parlandogli come a un membro della famiglia, perché tale è il patrono. Se oggi stesso la scienza desse le prove certe ed inconfutabili che il prodigio non esiste, per i napoletani non cambierebbe assolutamente nulla. Essi si specchiano e vedono San Gennaro, che è l’immagine riflessa del martirio ma al tempo stesso della speranza che non si esaurisce mai. San Gennaro non dice mai no.
Se guardassimo Napoli dall’alto potremmo paragonare le sue strade all’apparato circolatorio del corpo umano. Le strade più grandi sono le arterie, i vicarielli le vene, i capillari sono le case che si innalzano fino a lasciare intravedere soltanto un lembo di cielo nei vichi, così, giusto per ricordarci che esiste. I napoletani, migliaia di napoletani che corrono e camminano in una delle città con la più alta densità di popolazione d’Europa, sono il sangue. Sangue – adesso dovete cogliere la metafora, perché non la spiegherò – che ogni tanto si solidifica, fa i grumi, crea un corto circuito, ma che alla fine si scioglie. Napoli continua a vivere nonostante tutto, e pensare che si trova tra due dei vulcani più pericolosi al mondo, il Vesuvio ed i Campi Flegrei: lei sta al centro, non illesa ma splendida – ditemi voi se non è un miracolo.